Educazione ai valori: nasce il campo scuola degli alpini piacentini
Un campo scuola dedicato ai ragazzi e alle ragazze delle scuole medie tra i 10 e i 14 anni: l’idea è stata lanciata dall’Associazione nazionale alpini, sezione di Piacenza.
“La leva militare non c’è più – si legge nella nota di presentazione del campo scuola – la società fin quando procederà su valori effimeri, di esaltazione dell’immagine, non produrrà ricambi di uomini e donne pronti ad impegnarsi per la collettività. Per questo abbiamo deciso di ricominciare dai più piccoli, dalle generazioni pronte ad assorbire i nostri valori per formare i futuri volontari della Protezione civile”.
Il 5 maggio del 2022 è stata pubblicata la legge nr.44, che istituisce “la Giornata della memoria e del sacrificio degli Alpini”.
L'Istituzione di una giornata rivolta esclusivamente alla celebrazione della "Memoria" e del "Sacrificio" degli Alpini, rappresenta una circostanza unica, di rilevanza assolutamente straordinaria.
La Repubblica Italiana ha voluto concedere, un notevole riconoscimento agli Alpini, nel rendere omaggio, a coloro che si sacrificarono eroicamente durante la battaglia di Nikolajewka: l’atto conclusivo della tragica Campagna nella steppa russa, che divenne grazie al sacrificio di molti, la conclusione della drammatica, terribile e interminabile ritirata verso la salvezza solo per alcuni.
Sabato 20 gennaio il Gruppo Alpini di Bobbio ha organizzato presso la sala polivalente del Comune un incontro sul tema del centenario della 1^ guerra mondiale con gli studenti della 3^ media che, diligentemente, hanno ascoltato le spiegazioni multimediali e appuntato sui loro taccuini le notizie di maggiore interesse. La grande guerra, anche se lontana da Bobbio, ha visto protagonisti il generale Giuseppe Bellocchio sull’altopiano di Asiago e l’allora maggiore Roberto Olmi sulle prealpi bellunesi.
La pubblicazione del libro “Il battaglione dimenticato” dello scrittore ferrarese Simone Salinguerra Zagagnoni ha fornito la possibilità di fare uno zoom storico sul novembre del 1917 narrando gli avvenimenti bellici nel contesto della ritirata di Caporetto. Una parte consistente dell’esercito italiano si stava ritirando attraverso la Valsugana lungo in Brenta con l’obiettivo di attestarsi sulle pendici del monte Grappa per bloccare l’avanzata austriaca. Le fortificazioni italiane tra la Valsugana e la valle del Cismon stavano per essere travolte dai bombardamenti asburgici. A presidiarle era stato mandato il battaglione “Monte Pavione” di 800 alpini comandati dal maggiore Roberto Olmi.
L’ordine del Comando era perentorio: Olmi doveva difenderle ad oltranza e in particolare doveva mantenere a tutti i costi il Forte Leone di Cima Campo per impedire alle truppe austriache di piombare nella valle del Brenta e accerchiare un intero corpo d’armata italiano che procedeva lentamente a piedi e con i muli verso il Grappa. Gli alpini hanno combattuto valorosamente nei giorni 10, 11 e 12 di quel tremendo novembre del 1917. Nel pomeriggio del 12, il battaglione Monte Pavione si smembrò dietro l’incalzare delle truppe austriache; rimanevano 300 alpini con il maggiore Olmi asserragliati dentro la fortezza di Cima Campo. In serata arrivò la telefonata del Comandante Sirolli che informava Olmi del passaggio ultimato da parte dei soldati italiani nella valle del Brenta ed elogiava gli uomini di Olmi per il successo della loro resistenza a oltranza e che ora sarebbero stati autorizzati a ritirarsi. Olmi dovette però rispondere che i pochi rimasti erano ormai feriti e circondati; comunicò anche la sua felicità nel sapere che il sacrificio di così tanti bravi soldati era stato utile al salvataggio di molte altre vite e dell’ultima linea di difesa che si sarebbe attestata sul Monte Grappa. Il maggiore cercò di far scappare nei boschi il maggior numero possibile dei suoi alpini poi si arrese. I documenti austriaci dicono che il maggiore Roberto Olmi e i suoi alpini ricevettero l’onore delle armi prima di essere fatti prigionieri.
Gli alpini oggi non celebrano la guerra e chi l’ha voluta, ma ricordano il sacrificio di tanti che la guerra l’hanno dovuta combattere.
Occorre che le nuove generazioni tengano alta la “fiaccola dei valori eterni dell’uomo” soprattutto quando i nazionalismi e la corsa agli armamenti rispuntano nel mondo.
Visita didattica guidata dagli alpini al Monte Grappa
Relazione uscita didattica a Bassano
(foto di gruppo)
Incontro del 21 gennaio 2020
Gli Alpini a scuola!!!
Anche quest’anno noi alunni delle classi terze abbiamo avuto il piacere di incontrare una delegazione del Gruppo Alpini di Piacenza e Bobbio. Dopo la contestualizzazione storica, l’alpino Carlo ci ha subito mostrato parecchi reperti bellici da lui trovati in Friuli come gavette, gavettini, granate, proiettili in piombo e parti di filo spinato, che hanno suscitato il nostro interesse. Ci ha spiegato come e per cosa venivano utilizzati, catturando ancora di più la nostra attenzione; ci ha toccato molto il fatto di vedere da vicino manufatti che sono stati tra le mani dei nostri nonni e bisnonni. Il signor Veneziani ci ha fatto riflettere sulle tremende condizioni di vita e sulle fatiche vissute dai nostri giovanissimi soldati al fronte; ci ha parlato delle malattie, della penuria di cibo e medicinali, della vita in trincea e del tristemente noto fenomeno detto “choc da bombardamento”. E’ stata, da parte di tutti gli alpini, sottolineata l’importanza del ruolo delle donne nel conflitto: loro erano impegnate a sostituire gli uomini nei campi e nelle fabbriche, erano presenti negli ospedali come crocerossine e portavano viveri e munizioni lungo gli impervi pendii, divenuti scenari di guerra. Ci ha colpito la forza e la determinazione delle portatrici carniche che portavano con le loro gerle, sul fronte della Carnia, rifornimenti e munizioni ai soldati fino alla prima linea. Anche Maria Plozner Mentil era una di loro, ma purtroppo fu colpita a morte da un cecchino austriaco a Malpasso di Pramosio, sopra Timau, il suo paese natale. Nel 1997 il Presidente Scalfaro le ha conferito la Medaglia d’oro al valor militare. Anche gli animali hanno aiutato l’uomo nel conflitto, soprattutto il mulo, usato per spostarsi lungo ripidi sentieri e per trasportare pesanti pezzi di artiglieria. Sono stati impiegati anche cani e piccioni per trasferire comunicazioni. Abbiamo appreso che, in trincea – nei momenti di quiete - alcuni soldati si dedicavano al cosiddetto “artigianato da campo” cioè alla trasformazione di oggetti di recupero in utili manufatti: una granata svuotata, riempita di olio con all’interno uno stoppino diveniva un lume e il fondo di una lattina con apposite incisioni era utilizzato per ripararsi gli occhi dal bagliore della neve. Gli alpini ci hanno poi spiegato, con una vena di commozione, l’importanza di onorare i caduti per la libertà e di visitare i Sacrari dove sono custodite le loro spoglie. Alla fine dell’incontro, ci hanno spiegato quello che è oggi il loro impegno in campo civile, spronandoci a seguire il loro esempio. L’incontro è stato molto interessante e, in alcuni momenti, ci ha emozionato.
Gli alunni delle classi III A e IIIB – Scuola secondaria di I grado di Bobbio
Incontro del 16 Dicembre 2021
Giovedì 16 dicembre 2021: incontro con le scuole medie di Bobbio.
Insieme ad altri alpini del Gruppo di Bobbio ho spiegato gli avvenimenti della Grande Guerra contestualizzandoli con Bobbio e suoi caduti e decorati. L'incontro è stato apprezzato da alunni e insegnanti. Con emozione ho spiegato nella stessa aula dove ho frequentato la 5^ elementare 63 anni fa. (Felice Mielati)
C'è una parola che attraversa la storia in questo anniversario: la parola è memoria. Noi siamo quello che ricordiamo e fare memoria è un modo di vivere e di restituire, senza nostalgia, perché ieri non c'erano tempi migliori: c'erano guerre, fame, miseria, povertà, disuguaglianze, ingiustizie... Ma dentro queste avversità c'era qualcuno da Bobbio che sognava un tempo migliore, che metteva la sua vita in gioco su queste montagne per qualcosa di inestimabile e prezioso: la libertà. Noi siamo un Paese con poca memoria. Anzi, di memorie separate. Bisogna ringraziare i partigiani, gli alpini, i familiari dei caduti, per questa bella memoria che fa rivivere la storia di 51 memorabili giorni. Bobbio è abituata agli appuntamenti con la storia, ma il 7 luglio 1944 è uno di quelli fondativi, quasi quanto l'incontro con il monaco che portò qui l'idea di Europa. Anche ottant'anni fa come nei secoli bui del Santo Colombano c'era un’eclissi della ragione, c'era un continente dilaniato, c'era un'Italia divisa e stremata.
E bisognava scegliere da che parte stare, dove schierarsi: dalla parte giusta o da quella sbagliata. lo sono stato affascinato da alcuni racconti, dalle parole dei protagonisti di quei giorni, dalla loro umiltà nel ricordo della bandiera che sventolava da questo municipio, da quanto poco è stato scritto su quei mesi memorabili in Valtrebbia, in cui la giustizia si è incontrata con la libertà e Bobbio è stata in Italia la prima città liberata dal nazifascismo nel Nord, la prima delle Repubbliche partigiane con l'autogoverno di uomini che hanno lasciato un'eredità morale che giustamente non si deve dimenticare. Ricordo le parole del vecchio sindaco partigiano Maggi, che a mio figlio, durante una intervista per la scuola, gli spiegava che la Resistenza non è mai finita: bisogna sempre resistere, diceva, alle tentazioni, alle manipolazioni, e oggi potremmo aggiungere all’ odio e al divismo social, alla volgarità, all'individualismo e all'indifferenza. E rivedo il partigiano Covati, che seduto sulla panchina di fronte all'edicola parla di quei giorni, con il Valoroso, Fausto Cossu, gli amici Londei, Guerci e Tagliani, e racconta della brigata Cichero e del comandante Bisagno...
Immaginate 51 giorni di libertà dopo vent'anni di dittatura, Bobbio che si riempie di giornali, "Il grido del popolo”, "Il Partigiano", "Il Garibaldino", che aggiunti alla "Trebbia" fanno quattro edizioni... Libertà di opinioni in una libera città. Bobbio capitale dell'editoria. Della libertà di stampa, di quella che Leo Valiani e Mario Borsa hanno poi riportato al mio Corriere, a Milano.
Qui si è anticipato tutto. Con il cuore, con il coraggio, con le vite appese a un filo, per far girare la storia dal male verso il bene, inteso come democrazia, pace, diritti, democrazia. Dobbiamo sollecitare la memoria per ridare luce a certi inizi, per capire che si deve tornare a riveder le stelle non più con i mitra e le bombe, ma con l'incivilimento, con la tensione morale che ha portato tanti giovani a ribellarsi per dare una speranza al futuro.
Per restituire la dignità, e ridurre la dipendenza. Le stelle da rivedere nel cielo di Bobbio, come quelle che hanno guidato il percorso di un grande collega, inviato e storico, Angelo Del Boca, che una sera in Santa Fara ha raccontato come la coscienza lo avesse spinto a disertare, da alpino della Monterosa... mandato qui a sparare sui partigiani della Repubblica di Bobbio, per arruolarsi con i ribelli della Valtrebbia a Torriglia e Montebruno. I liberatori di Bobbio erano giovani, cresciuti in un’Italia narcotizzata dal pensiero unico. Molti di loro imbracciarono le armi, perché la guerra non si fa coi guanti bianchi e la dittatura non fa sconti.
Ma ci fu anche una resistenza morale e civile dei cittadini nei paesi e nelle frazioni, condotta da gente che ha fatto la storia senza finire su libri.
Ci fu l'eroismo degli alpini e del loro generale Bellocchio, figura indimenticabile in Valtrebbia. Oggi tocca a noi ricordare mentre sventolano di nuovo le bandiere sul Municipio, come quel 7 luglio del 44. Ricordare i morti e i vivi, le albe da bestemmia, il freddo, la fame, la pioggia, il fango, le bombe, i raid, le pallottole e le torture. Siamo noi, il nostro modo in cui rispettiamo questo slancio di giustizia e di libertà, a dover dire grazie, a testimoniare il percorso della libertà, a fare in modo oggi che questi luoghi, questa montagna che tanto ha significato per la democrazia e la rinascita del Paese non sia relegata a fanalino di coda, a vuoto a perdere. Merita una restituzione. Un'attenzione speciale. L'acqua giù, il vento su, dice spesso un amico imprenditore dì queste parti. E' tempo che soffi questo vento del riequilibrio, dell'attenzione, per una valle che ha fatto la storia.
“Noi alpini ci siamo sempre”: 150 anni di storia nel libro di Mario Renna.
(Col. Mario Renna)
L’autore, ufficiale dell’Esercito e che da più di 25 anni indossa il cappello con la penna, ha partecipato a più di dieci missioni internazionali: nei Balcani, in Afghanistan e in Centrafrica. Giornalista con l’istinto al racconto e alla documentazione, ha scritto molti articoli e diversi libri, testimoniando le diverse esperienze.
In questo nuovo volume, uscito quest’anno per Rizzoli, ripercorre i 150 anni di storia degli Alpini, partendo da una serie di fotografe, significative e spesso inedite. Ciascuna di esse offre lo spunto per approfondire un fatto, un aneddoto, un episodio, che aiuta a ricostruire il quotidiano impegno delle penne nere, non solo nelle zone di guerra e di tensione internazionale, ma anche negli interventi di soccorso e aiuto alle popolazioni in difficoltà.
Si parla quindi della Grande Guerra, della campagna di Russia, della Liberazione e delle missioni internazionali, ma anche dagli interventi nelle emergenze e nelle catastrofi naturali. Il volume non vuole essere una ricostruzione cronologica della storia degli Alpini, ma piuttosto un «album di famiglia» degli uomini e le donne che hanno indossato e indossano quel cappello, così identificativo, facendone un simbolo di identità e di appartenenza.
Il Gruppo Alpini di Bobbio ha fornito un piccolo contributo nel tema "Alpini nella Resistenza" per le vicende della Divisione Monterosa in Val Trebbia.