Educazione ai valori: nasce il campo scuola degli alpini piacentini
Un campo scuola dedicato ai ragazzi e alle ragazze delle scuole medie tra i 10 e i 14 anni: l’idea è stata lanciata dall’Associazione nazionale alpini, sezione di Piacenza.
“La leva militare non c’è più – si legge nella nota di presentazione del campo scuola – la società fin quando procederà su valori effimeri, di esaltazione dell’immagine, non produrrà ricambi di uomini e donne pronti ad impegnarsi per la collettività. Per questo abbiamo deciso di ricominciare dai più piccoli, dalle generazioni pronte ad assorbire i nostri valori per formare i futuri volontari della Protezione civile”.
Il 5 maggio del 2022 è stata pubblicata la legge nr.44, che istituisce “la Giornata della memoria e del sacrificio degli Alpini”.
L'Istituzione di una giornata rivolta esclusivamente alla celebrazione della "Memoria" e del "Sacrificio" degli Alpini, rappresenta una circostanza unica, di rilevanza assolutamente straordinaria.
La Repubblica Italiana ha voluto concedere, un notevole riconoscimento agli Alpini, nel rendere omaggio, a coloro che si sacrificarono eroicamente durante la battaglia di Nikolajewka: l’atto conclusivo della tragica Campagna nella steppa russa, che divenne grazie al sacrificio di molti, la conclusione della drammatica, terribile e interminabile ritirata verso la salvezza solo per alcuni.
Dopo l'8 settembre 1943 (quando le truppe italiane, sparse su tutti i fronti della guerra, furono lasciate senza ordini e senza indicazioni, esposte alla rappresaglia tedesca) e sino alla conclusione del conflitto, la storia degli alpini si fraziona in tante storie individuali, come quella di tutti gli altri Corpi dell'esercito: venti mesi di tribolazioni, di lotta, di resistenza, molti con i gruppi partigiani al nord, alcuni con i reparti alleati che risalivano la penisola, altri nei campi di prigionia russi o dietro il filo di ferro dei lager di internamento in Germania: venti mesi carichi di sofferenze e di speranze, che riscattavano gli anni bui della dittatura e preparavano l'Italia repubblicana. Di queste esperienze sono state lasciate numerose testimonianze, ma è impossibile distinguere, nei movimenti convulsi di quel periodo, ciò che è patrimonio degli alpini in quanto Corpo dell'esercito, da ciò che è patrimonio collettivo della nazione.
Gli alpini scampati dai fronti della Grecia e della Russia, con i loro racconti di guerra, con la descrizione dei drammi di cui erano stati protagonisti e vittime, con le notizie severe che la stampa di regime aveva sempre taciuto, contribuirono certamente a diffondere l'orientamento ideale da cui sarebbe nata la Resistenza, portando la testimonianza di un antifascismo di guerra rozzo e informe, ma comunque prezioso.
Nella lotta partigiana il contributo degli alpini si confonde però con quello delle migliaia di italiani che dopo l'8 settembre scelsero la via della montagna, dando origine a formazioni sparse un po' ovunque lungo le Alpi e l'Appennino tosco- emiliano: in questo senso la storia della Resistenza è anche storia degli alpini e non è certo casuale che nel Piemonte sconvolto del settembre 1943, tra i mille sbandati della IV Armata che si erano concentrati a Boves conservando armi e materiali, si favoleggiasse di una divisione alpina, la "Pusteria", ancora intatta e attestata sui monti: si trattava di una illusione destinata a crollare di fronte all'urto della realtà , ma era anche il sintomo di una convinzione diffusa, la certezza della scelta di campo che gli alpini avrebbero fatto e che le Divisioni testimoniarono con i tentativi di resistenza ai tedeschi all'indomani dell'armistizio (così: la Taurinense nel Montenegro, la Cuneense e la Tridentina in Alto Adige, la Julia in Friuli, la Pusteria nelle Alpi Marittime, gli altri reparti in Corsica, nell'Alto Isonzo, nell'entroterra spezzino e nei diversi depositi).