Una memoria da salvare

C'è una parola che attraversa la storia in questo anniversario: la parola è memoria. Noi siamo quello che ricordiamo e fare memoria è un modo di vivere e di restituire, senza nostalgia perché ieri non c'erano tempi migliori: c'erano guerre, fame, miseria, povertà, disuguaglianze, ingiustizie... Ma dentro queste avversità c'era qualcuno da Bobbio che sognava un tempo migliore, che metteva la sua vita in gioco su queste montagne per qualcosa di inestimabile e prezioso: la libertà. Noi siamo un Paese con poca memoria. Anzi, di memorie separate. Bisogna ringraziare i partigiani, gli alpini, i familiari dei caduti, per questa bella memoria che fa rivivere la storia di 51 memorabili giorni.

Bobbio è abituata agli appuntamenti con la storia, ma il 7 luglio 1944 è uno di quelli fondativi, quasi quanto l'incontro con il monaco che portò qui l'idea di Europa. Anche ottant'anni fa come nei secoli bui del Santo Colombano c'era un’eclissi della ragione, c'era un continente dilaniato, c'era un'Italia divisa e stremata. E bisognava scegliere da che parte stare, dove schierarsi: dalla parte giusta o da quella sbagliata. lo sono stato affascinato da alcuni racconti, dalle parole dei protagonisti di quei giorni, dalla loro umiltà nel ricordo della bandiera che sventolava da questo municipio, da quanto poco è stato scritto su quei mesi memorabili in Valtrebbia, in cui la giustizia si è incontrata con la libertà e Bobbio è stata in Italia la prima città liberata dal nazi-fascismo nel Nord, la prima delle Repubbliche partigiane con l'autogoverno di uomini che hanno lasciato un'eredità morale che giustamente non si deve dimenticare.

Ricordo le parole del vecchio sindaco partigiano Maggi, che a mio figlio, durante una intervista per la scuola, gli spiegava che la Resistenza non è mai finita: bisogna sempre resistere, diceva, alle tentazioni, alle manipolazioni, e oggi potremmo aggiungere all’odio e al divismo social, alla volgarità, all'individualismo e all'indifferenza. E rivedo il partigiano Covati, che seduto sulla panchina di fronte all'edicola parla di quei giorni, con il Valoroso, Fausto Cussu, gli amici Londei, Guerci e Tagliani, e racconta della brigata Cicero e del comandante Bisagno... Immaginate 51 giorni di libertà dopo vent'anni di dittatura, Bobbio che si riempie di giornali, "Il grido del popolo", "Il Partigiano", "Il Garibaldino", che aggiunti alla"Trebbia" fanno quattro edizioni. Libertà di opinioni in una libera città. Bobbio capitale dell'editoria. Della libertà di stampa, di quella che Leo Valiani e Mario Borsa hanno poi riportato al mio Corriere, a Milano. Qui si è anticipato tutto. Con il cuore, con il coraggio, con le vite appese a un filo, per far girare la storia dal male verso il bene, inteso come democrazia, pace, diritti, democrazia. Dobbiamo sollecitare la memoria per ridare luce a certi inizi, per capire che si deve tornare a riveder le stelle non più con i mitra e le bombe, ma con l'incivilimento, con la tensione morale che ha portato tanti giovani a ribellarsi per dare una speranza al futuro.

Per restituire la dignità, e ridurre la dipendenza. Le stelle da rivedere nel cielo di Bobbio, come quelle che hanno guidato il percorso di un grande collega, inviato e storico, Angelo Del Boca, che una sera in Santa Fara ha raccontato come la coscienza lo avesse spinto a disertare, da alpino della Monterosa... mandato qui a sparare sui partigiani della Repubblica di Bobbio, per arruolarsi con i ribelli della Valtrebbia a Torriglia e Montebruno.

I liberatori di Bobbio erano giovani, cresciuti in un'Italia narcotizzata dal pensiero unico. Molti di loro imbracciarono le armi, perché la guerra non si fa coi guanti bianchi e la dittatura non fa sconti. Ma ci fu anche una resistenza morale e civile dei cittadini nei paesi e nelle frazioni, condotta da gente che ha fatto la storia senza finire su libri. Ci fu l'eroismo degli alpini e del loro generare Bellocchio, figura indimenticabile in Valtrebbia. Oggi tocca a noi ricordare mentre sventolano di nuovo le bandiere sul Municipio, come quel 7 luglio del 44.

Ricordare i morti e i vivi, le albe da bestemmia, il freddo, la fame, la pioggia, il fango, le bombe, i raid, le pallottole e le torture. Siamo noi, il nostro modo in cui rispettiamo questo slancio di giustizia e di liberta, a dover dire grazie, a testimoniare il percorso della libertà, a fare in modo oggi che questi luoghi, questa montagna che tanto ha significato per la democrazia e la rinascita del Paese non sia relegata a fanalino di coda, a vuoto a perdere. Merita una restituzione. Un'attenzione speciale. L'acqua giù, il vento su, dice spesso un amico imprenditore di queste parti.

E' tempo che soffi questo vento del riequilibrio, dell'attenzione, per una valle che ha fatto la storia.

Giangiacomo Schiavi

Pannelli espositivi della mostra.

Angolo dedicato al Generale degli Alpini Giuseppe Bellocchio

 

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