Generale degli Alpini Giuseppe Bellocchio

Pagine pubblicate dal settimanale La Trebbia.

Nel 150° di fondazione del Corpo, le penne nere di Bobbio fanno memoria di nobili figure di Alpini bobbiesi radicati nella Grande Storia.

 

(A cura del Gruppo Alpini di Bobbio nella penna dell’alpino Felice Mielati)

Rovistando in soffitta fra tante cose impolverate dal tempo, ho trovato questa cassetta ben chiusa; l’ho

aperta come faccio ora e ho scoperto con mia grande meraviglia una stamperia a caratteri mobili : Fantastico!”

 

(Stampa a caratteri mobili di piombo)

Più o meno così , il compianto maestro Ugo Bellocchio ci introduceva in quella che era un’innovazione didattica: la stampa in classe.

Già, in quella classe al pianoterra in San Colombano che ci sembrava grandissima, l’attenzione di noi alunni si era concentrata su quella cassetta dai contorni magici.

(Scuola elementare in piazza San Colombano)

Storia nostra, bella e indimenticabile, di scuola di paese.

Ma c’è un’altra cassetta o meglio due cassette lasciate in eredità alla comunità di Bobbio dal Generale degli Alpini Giuseppe Bellocchio che vale la pena di aprire per veder proiettata la nostra cittadina nella Grande Storia del Novecento.

Si tratta di cassette d’ordinanza militare. Apparentemente nulla di attraente.

Addentrandosi nel contenuto, però, emergono effetti personali e documenti di indubbio valore storico-culturale.

Nel cassetto superiore della cassa grande c’è il passaporto emesso il 14 giugno 1928 per l’Albania ed esteso successivamente per altri paesi europei(Vi è segnato l'ingresso in Albania il 16.6.1928 e poi ancora nel 1929, 1930, 1931; nel 1930 è segnato un ingresso in Cecoslovacchia).

Ecco la prima finestra sulla Grande Storia:

fra il 1928 e 1931, il generale fu inviato in Albania a svolgere il compito di addestratore delle truppe del re Ahmed Zogu, appena arrivato al potere con il sostegno dell’Italia.

(Ahmed Zogu - re di Albania)

Successivamente, nell’aprile 1939, Mussolini mandò invece un corpo di spedizione italiano - 22.000 uomini con artiglierie e carri armati, due corazzate, 7 incrociatori e decine di altre navi, 7 stormi di aerei, un reggimento di paracadutisti - ad occupare quel povero paese dell’Albania, costringendo il re Zogu a rifugiatosi in Grecia.

Quell’occupazione italiana dell’Albania, che precedette di 4 mesi l’invasione tedesca della Polonia, può essere considerata il prologo della 2^ guerra mondiale, la guerra che portò alla morte 50 milioni di uomini e produsse immani distruzioni.

Ma facciamo un passo indietro.

Da Bobbio alla carriera nell’esercito Italiano.

Il futuro generale era nato a Bobbio il 15 febbraio 1889.

(Famiglia del gen. Bellocchio – Giuseppe è a destra in piedi)

(Le foto sono nella cassetta d’ordinanza piccola)

Il padre Domenico svolgeva in questo comune un’attività commerciale, ed oltre alla casa di abitazione nell’attuale Contrada di Porta Nuova al n. 6, vi possedeva dei poderi agricoli dati in gestione a mezzadria. La madre, Costanza Bionda, proveniva invece da Ponte dell’Olio. Giuseppe ebbe un fratello e due sorelle. La sorella maggiore sposò nel 1906 un maggiore del genio, Ellenio Setti. Fu probabilmente per influenza di questo cognato che Giuseppe fu avviato nel 1910 alla carriera militare, seguito poi anche dal più giovane fratello Carlo che divenne ufficiale medico nella Marina militare. La sorella più giovane, Ida, a sua volta si maritò nel 1913 con un bobbiese emigrato negli Stati Uniti, Arturo Malugani, e andò a vivere a New York.

(Foto delle sorelle)

Giuseppe, dopo gli studi medi superiori, affrontò la vita militare nel Corpo degli Alpini.

Ecco la seconda finestra sulla Grande Storia:

Partecipò alla 1^ Guerra mondiale, vi raggiunse il grado di maggiore e dopo essere stato al comando di alcuni battaglioni alpini fu posto al comando dell’Ufficio operazioni della 7^ Divisione cecoslovacca, un corpo costituito da ex-militari dell’Impero austro-ungarico fatti prigionieri ma disponibili a combattere a fianco degli italiani per conseguire l’indipendenza del proprio paese da tale impero.

Per i successi conseguiti dai reparti al suo comando Bellocchio fu decorato con una medaglia d’argento sui roccioni della Lora del Pasubio :

Comandante interinale del battaglione, sprezzante del pericolo e costante esempio di serenità ed intrepidezza pei suoi soldati, nonostante fosse fatto segno a violentissimo fuoco di fucileria e mitragliatrici, guidava brillantemente il reparto all'assalto, riuscendo a penetrare in due successive trincee nemiche. Costretto dalla violenza dei contrattacchi nemici a retrocedere, ed assunto il comando della linea, ripiegava ordinatamente, sotto il violento fuoco avversario, su una posizione retrostante, sulla quale organizzava nuova resistenza.”

 

(Roccioni di Lora – Pasubio)

ed una di bronzo all’Alpe di Cosmagnon:

Comandante di un battaglione, dava bella prova di iniziativa, calma, ardimento e prontezza di decisioni.”

(Alpe di Cosmagnon – Pasubio)

Finita la 1^ Guerra mondiale fu ammesso al corso triennale 1920-’22 della Scuola di Guerra di Torino per la formazione degli ufficiali di stato maggiore, destinati alla direzione delle grandi unità, e successivamente fu promosso colonnello.

(Ufficiali)

I Roccioni della Lora - Pasubio - Prima Guerra Mondiale

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(continua)


Alpini bobbiesi radicati nella Grande Storia.

(..segue Gen. Bellocchio)

Negli anni venti e trenta Bellocchio fu anche, sempre nell’ambito del Corpo Alpini, Capo di S.M. in reggimenti, comandante di reggimento, e, nominato infine generale di brigata, Capo di S.M. in una Divisione.

(Il generale tra gli ufficiali – Sondrio 1932)

(Il generale a Susa 1937)

(Il generale tra le truppe alpine in qualità di ispettore nel settore Alto Adige)

Sull'altopiano di Asiago le sue gesta sono ricordate con l'intitolazione di una località "I Piani Bellocchio".

Fu comandante del famoso 3° Reggimento Alpini.

(Il cappello alpino del generale Bellocchio)

Dire dell'uomo Bellocchio è facile, ma nel contempo la sua personalità sfugge agli schemi tradizionali. I luoghi comuni vogliono i militari, e a maggior ragione gli ufficiali, uomini duri, inflessibili, abituati solo al comando e ad essere ubbiditi. Se poi a queste caratteristiche vi si aggiunge l'imponenza fisica(e il gen. Bellocchio l'aveva), è quasi impossibile credere che le sue doti fossero la bontà, l'amore per il suo prossimo, l'umiltà.

Sopra ogni cosa amava i suoi alpini.

La nostra è stata una terra che ha prodotto alpini, e il generale amava i suoi conterranei e là dove era possibile evitava che andassero in zone di guerra ad alto rischio.

Il generale Orsini, anche lui generale degli Alpini, legatissimo a Bobbio, ha definito il generale Bellocchio "un truppeur", uomo della truppa.

(Gen. Bellocchio 3° da sinistra in piedi)

La sua città gli ha intitolato una via, chi l'ha conosciuto deve ricordarlo.

In occasione della 65^ Festa Granda, l'Amministrazione Comunale e i Gruppi Alpini di Bobbio e Mezzano Scotti hanno posto davanti alla Sezione Alpini di Bobbio una lapide commemorativa in ricordo del Gen. Giuseppe Bellocchio medaglia d'argento e medaglia di bronzo al valor militare.



Allo scoppio della 2^ guerra mondiale, già abbastanza anziano, non fu inviato su un fronte di guerra ma svolse incarichi speciali in Italia e da ultimo, nominato generale di divisione nel 1941, ebbe l’incarico di comandante della Zona militare di Alessandria.

(Il generale nel periodo precedente l’8 settembre 1943)

Nella cassetta grande c’è una busta vuota con su scritto: Relazione e Piano insurrezionale della città di Milano.

Ecco la terza interessante finestra sulla Grande Storia:

Alla direzione militare del movimento partigiano a Milano

Romano Repetti dell’ANPI racconta, nella sua relazione fatta in occasione della Festa Granda del 2016 sul generale Bellocchio che lui e Giorgio Bertuzzi del Comune di Bobbio, d’accordo con gli amministratori comunali ai quali erano state affidate le due casse dalla famiglia Londei, erano andati al Museo del Risorgimento di Milano a fare una copia elettronica dei due documenti originali che vi aveva depositato Italo Londei:

  • il Piano per l’insurrezione partigiana di Milano predisposto da un gruppo militare presieduto da Bellocchio

  • ed una relazione dello stesso sulla propria attività partigiana dall’armistizio dell’8 settembre 1943 alla Liberazione.

Egli poi era andato alla ricerca di ogni altra possibile documentazione sulla vita e sulla attività di Giuseppe Bellocchio in pubblicazioni piacentine e nazionali, riscontrando che Italo Londei, oltre a depositarne i due documenti ricordati al Museo di Milano, aveva provveduto a far pubblicare con una sua presentazione la citata relazione nel 1991 sul numero 9 della rivista Studi piacentini dell’Isrec e la stessa relazione più il Piano insurrezionale nei numeri editi nel 2004/2006 della rivista Archivum Bobiense, tutt’ora consultabili presso la biblioteca comunale di Bobbio, con una accurata introduzione ed ampie note esplicative da parte del prof. Flavio Nuvolone, direttore della rivista.

 

3° Reggimento Alpini - Pinerolo

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I sentieri della Grande Guerra (Altopiano di Asiago)

 

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(continua)


 

Alpini bobbiesi radicati nella Grande Storia.

(..segue Gen. Bellocchio)

RELAZIONE SULL’ATTIVITA’ SVOLTA SUL FRONTE DELLA

RESISTENZA DAL GENERALE DI DIVISIONE BELLOCCHIO GIUSEPPE

La relazione che segue vuole soprattutto essere una fedele esposizione cronologica degli avvenimenti svoltisi nel tempo.

Essa riflette il ciclo di tempo = 25 Luglio 1943 = 26 Aprile 1945 =, il più importante agli effetti del declino e conseguente caduta del fascismo, e viene suddivisa in due distinti periodi:

1° periodo = dal 25 Luglio 1943 al 25 Maggio 1944 = caratterizzato dall’attività da me svolta:

= in primo tempo, dal 25 Luglio all’8 Settembre 1943 - , quale comandante della Zona Militare di Alessandria, con particolare riguardo alla giornata dell’8 Settembre 1943;

= in secondo tempo, dal 9 Settembre 1943 al 25 maggio 1944. – Attività clandestina isolata, prima; agganciato al generale Zambon, dopo.

2° periodo = dal 26 Maggio 1944 al 26 Aprile 1945.

= In primo tempo, dal 26 Maggio al 6 Settembre 1944 = quale Ufficiale Generale facente parte al Comando Generale C.V.L.

= in secondo tempo, dal 7 Settembre 1944 al 26 Aprile 1945 = quale Comandante la Piazza di Milano. =

1° PERIODO

DAL 25 LUGLIO 1943 AL 25 MAGGIO 1944

1°) 25 Luglio : Il 25 Luglio, giorno del colpo di Stato Badoglio, mi trova ad Alessandria, quale comandante di quella Zona Militare. Da qualche tempo, ancora prima del 25 Luglio, ero in contatto con noti antifascisti facenti parte di una estesa organizzazione antifascista: il Sig. Franzosi Giulio abitante in Milano, Via Marcona 54 e l’On. Pivano di Alessandria, attuale Prefetto di quella città. – Non sto a dire dell’attività antifascista da me svolta prima del 25 Luglio, nella giornata del 25 Luglio e dopo il 25 Luglio. Basterà interrogare, se lo si desidera il sig. Franzosi e l’On. Pivano, i quali potranno riferire ampiamente in merito.

(Pietro Badoglio)

2°) L’8 Settembre : l’8 Settembre mi trova ancora al Comando della Zona Militare di Alessandria. Prima di procedere all’esposizione degli avvenimenti di questa giornata, reputo opportuno precisare le funzioni a me affidate, funzioni di carattere prevalentemente territoriali, e le forze da me dipendenti.

(Firma dell’armistizio 8 settembre 1943 a Cassibile – Siracusa)

Fatta eccezione per due Battaglioni Territoriali Bis, organicamente costituiti, addetti alla protezione e difesa delle ferrovie, ponti, opere d’arte ed impianti vari del territorio della zona e quindi suddivisi in numerosi posti di guardia, alle mie dirette dipendenze non avevo veri e propri reparti organici combattenti, ma truppe ai depositi, costituite da reclute in addestramento (non tutte armate ed equipaggiate) e da molti militari non idonei alle fatiche di guerra, costituiti, in parte, da individui dichiarati idonei ai soli servizi sedentari, in parte, da reduci dai vari scacchieri operativi, fisicamente minorati.

Quasi tutti questi militari per deficienza di armi, erano disarmati.

Sin dai primi mesi del 1943, dietro precise direttive dell’allora Comandante della Difesa Territoriale di Alessandria – Generale Giordano – erano stati studiati e compilati, da ciascun Comandante di Presidio, appositi progetti, i quali prevedevano le disposizioni da applicarsi in caso di emergenza, ossia in caso di improvviso attacco, condotto da forze esterne (non veniva precisato da quali forze).

Il Comitato Difesa aveva disposto che, in caso di attuazione dei progetti di cui sopra, i presidi esterni dipendessero direttamente dal Comandante di Zona e precisamente, per quanto mi riguardava, i presidi di: Voghera = Tortona = Novi Ligure = Acqui Nizza Monferrato = Valenza. Il presidio di Alessandria, restava invece affidato al Generale di Brigata Guaschetti = Ufficiale Generale addetto all’addestramento delle truppe ai depositi delle truppe di Alessandria, che ne rispondeva al Comando Difesa.

Nei primi giorni del mese di Settembre 1943, mi furono impartite, dal nuovo Comandante la Difesa Territoriale di Alessandria, segrete direttive verbali sul contegno da tenersi in caso di improvviso ed inopinato attacco da parte delle truppe tedesche – (nella zona compresa fra Voghera – Tortona – Novi Ligure – Ovada – Acqui – Alessandria, si trovavano allora dislocate truppe germaniche, calcolate a circa quaratamila uomini). Tale contegno, doveva essere improntato a resistenza, per quanto lo consentivano l’efficienza organica e l’armamento delle truppe ai depositi, invero molto deficienti per rispetto alle unità tedesche, perfettamente inquadrate, armate ed equipaggiate.

Analoghe segrete disposizioni verbali, impartii, a mia volta, ai comandanti dei presidi esterni da me direttamente dipendenti ed ai Comandanti dei due Batt. Terr. Bis.

Per quanto riguarda il presidio di Alessandria, provvide il Generale Guaschetti, alla diretta dipendenza del Comando Difesa.

Ciò premesso, espongo lo svolgersi degli avvenimenti nella giornata dell’8 Settembre.

Alle ore 5 circa, una telefonata urgente dell’Ufficiale di servizio del mio Comando, mi avvertiva, presso la mia abitazione, che forze Tedesche avevano improvvisamente e di sorpresa iniziato l’attacco delle Caserme dei presidi esterni e più specialmente della Caserma del 2° Regg. Genio Minatori in Novi Ligure, della Caserma del 38° Regg. Fanteria in Tortona e della Caserma del Regg. Cav. Monferrato in Voghera.

Subito, mi trasferii alla sede del mio Comando, dove fui poco dopo raggiunto dal Generale Guaschetti e da tutti gli Ufficiali del Comando. Messomi immediatamente in corrispondenza telefonica col Comandante le truppe al Deposito del 2° Regg. Genio minatori in Novi Ligure, seppi che forze tedesche avevano circondato la Caserma, intimandone la resa. Confermai al Colonnello, gli ordini precedentemente dati di resistenza.

Mi fu risposto che così si stava facendo, anche se i Tedeschi disponevano di artiglierie e di Carri Armati. Analoghi ordini confermavo telefonicamente al Comandante le truppe al Deposito del 38° Reggimento Fant. Di Tortona, al Comandante del Presidio di Valenza, ed al Comandante del Battaglione Territoriale Bis di Alessandria. Non mi fu, invece, possibile ottenere la comunicazione telefonica col Comandante le truppe al Deposito del Regg. Cav. Monferrato di Voghera , coi Comandanti i presidi di Acqui e Nizza Monferrato, col Comandante del 2° Battaglione Territoriale Bis in Novi Ligure, e col Comandante del Campo prigionieri Ufficiali Inglesi di Gavi, quasi certamente perché le linee telegrafoniche già erano state interrotte dai tedeschi.

Alle ore 8 circa, mi vennero a mancare le comunicazioni telefoniche anche col Comandante le truppe al Deposito del 38° Regg. Fant. Di Tortona e col Comandante del Presidio di Valenza sicchè venni a trovarmi del tutto isolato coi presidi esterni. Intanto le truppe tedesche avevano investito concentricamente la città di Alessandria, con truppe di Fanteria=Artiglieria e Carri Armati.

Col Comando della difesa Territoriale, che si era trasferito il mattino presto in Cittadella presso il Comando del 37° Regg. Fanteria, restai in collegamento telefonico fino alle ore 9 circa, ed ebbi col Capo-Ufficio, Colonnello Capone, due brevi conversazioni telefoniche. Lo informai sulla situazione dei presidi esterni e, richiesto se aveva particolari disposizioni da darmi, mi fu risposto di comportarmi come meglio consigliavano gli avvenimenti.

I Tedeschi intanto, con artiglierie autotrainate e carri armati avevano circondato le più importanti caserme di Alessandria e precisamente: Cittadella, dove erano accasermate le truppe al Deposito del 37° Regg. Fanteria, del 4° Regg. Artiglieria armata, sussistenza – e dove erasi installato il Comando difesa; - la caserma delle truppe al Deposito del 16° Regg. Artiglieria Divisionale; - e quella del 2° Regg. Autieri. – Intimata la resa ai Comandanti delle Caserme, questi rifiutarono, a quanto mi risulta, l’intimazione.

(Caserma Cittadella di Alessandria)

I Tedeschi aprirono allora il fuoco con artiglierie e carri armati specie contro la Cittadella e la Caserma del 16° Regg. Art. Divisionale, mentre le truppe ai Depositi non potevano rispondere che con fucili e poche mitragliatrici. – La Cittadelle disponeva pure, se non erro, di un paio di cannoni di piccolo calibro. Vi furono qualche morto e feriti da una parte e dall’altra. Date le condizioni di netta inferiorità delle truppe ai Depositi, sia per consistenza di reparti, che di armamento, le caserme vennero alla fine occupate; truppe e ufficiali, riuniti in provvisori campi di concentramento nei pressi di Alessandria, vennero in secondo tempo, trasportati altrove, come prigionieri di guerra.

(soldati italiani internati nei campi tedeschi dopo l’8 settembre)

Contemporaneamente alle caserme, furono occupati gli uffici delle Amministrazioni Statali (Stipel – Uffici Postali e telegrafici – Prefettura – Questura – Banche, ecc.).

La sede del mio Comando, dal quale avevo fatto asportare, fin dalle prime ore del mattino, le insegne esterne di Comando ed era stato chiuso il portone di entrata, togliendone la sentinella, non fu individuato. Potei così rimanervi sino alle ore 16 circa, unitamente al Generale Guaschetti e a tutti gli ufficiali del Comando, personale di truppa compreso.

Si trattava ora di uscirne inosservati, per sfuggire alla cattura. Fu deciso di far ritirare dalle rispettive abitazioni gli abiti borghesi, mandando militari di truppe del Comando, che già avevano con loro gli abiti civili. Questi infatti, uscendo in abito borghese da una porticina che immetteva sul rovescio della sede del Comando, raggiunsero le abitazioni degli ufficiali, ritornandone con gli abiti civili. Indossatili, alla spicciolata ci allontanammo inosservati dal Comando.

Alle ore 17 circa, raggiunsi la mia abitazione, dove subito mi incontrai col Maresciallo CC.RR. Varzo, Comandante la Stazione CC.RR. di Orti ed accasermata nello stesso fabbricato da me abitato. Il Maresciallo, ottimo sottufficiale, mi consigliò di allontanarmi al più presto da Alessandria perché gli risultava che già si stavano facendo attive ricerche sulla mia persona. – Seppi infatti, che la sede del mio Comando era stata alla fine individuata ed occupata dai tedeschi, poco dopo lo sgombero da parte del personale italiano.

Risposi al Maresciallo, che per quella notte ancora sarei rimasto a riposare a casa mia; all’indomani avrei deciso il da farsi.

Il maresciallo Varzo, si disse non del tutto convinto della mia decisione e, a mia insaputa, dispose perché un appuntato dei CC-RR sorvegliasse, durante tutta la notte, la mia abitazione (due camere a piano rialzato). Fu questa disposizione molto opportuna, perché al mattino successivo prestissimo(verso le ore 5) un’automobile con a bordo due ufficiali tedeschi e un ufficiale italiano della M.V.S.N. (Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale) sostavano davanti alla mia abitazione. Interrogato l’appuntato dei CC.RR. se in quella abitazione abitasse il Gen. Bellocchio, Comandante la Zona Militare, l’appuntato rispose che il Gen. Bellocchio non abitava precisamente in quella casa, ma che gli risultava abitare in altra casa di via Mazzini. A questa risposta, l’automobile, con gli ufficiali si allontanò. Il Maresciallo Varzo fu subito da me e si decise insieme che io partissi immediatamente, riparando nelle vicinanze di Alessandria presso la fattoria di certo Sig. Ferrari Giuseppe, conoscente del Maresciallo. Accompagnato da due carabinieri, raggiunsi in bicicletta, attraverso i campi, detta fattoria alle ore 6,30 del 9 Settembre.

Ebbe così inizio la mia vita clandestina, sul fronte della resistenza. “

(La Resistenza in provincia di Alessandria)

(Il ribelle - Foglio dei partigiani cattolici di Brescia rinato nel 1944 ad opera dell’alpino “beato” Teresio Olivelli )

 

Testimonianze partigiane con i partigiani dell'oltrepò

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(continua)


 

Alpini bobbiesi radicati nella Grande Storia.

(..segue Gen. Bellocchio)

“3°) – Dal 9 al 27 Settembre 1943 : vissi questo periodo, nei dintorni di Alessandria presso la fattoria del Sig. Ferrari, prima, e presso la fattoria “La Badia”, di proprietà di certo Sig. Giordano Emanuele, dopo.

La mia attività, fu specialmente rivolta alla propaganda presso i numerosi militari sbandati (in seguito agli avvenimenti dell’8 Settembre) perché non si presentassero alle autorità nazi-fasciste, ma riparassero presso le rispettive famiglie, nascondendosi; se non possibile, presso famiglie di coloni, in campagna. Si vennero così costituendo i primi piccoli nuclei di militari sbandati che, volontariamente e quasi automaticamente, si posero agli ordini dei più audaci e più autorevoli acquistando a poco a poco la fisionomia di partigiani.

In questo periodo, e precisamente verso il 15 Settembre, fui avvicinato da due Te. Colonnelli di Artiglieria dell’ex-Comando Difesa di Alessandria, per informarmi che, per ordine del Capo di Stato Maggiore della Difesa del Territorio Nazionale, avrei dovuto assumere il Comando della Difesa Territoriale di Alessandria.

Rifiutai, affermando che dopo gli avvenimenti dell’8 Settembre, non riconoscevo detto ordine, e, comunque, non intendevo collaborare coi nazi-fascisti.

Continuavo intanto ad avvicinare il Maresciallo dei CC.RR. Varzo, il quale mi teneva informato sulle attive ricerche che le autorità nazi-fasciste facevano della mia persona, finchè mi consigliò di abbandonare la regione di Alessandria, dove ero molto conosciuto per avervi esercitato per oltre due anni il Comando della Zona Militare, e dove ormai era anche risaputa la mia attività di sobillatore dei militari sbandati contro le autorità nazi-fasciste.

Decisi allora di riparare a Milano, dove giunsi, in ferrovia, il mattino del 28 Settembre 1943, prendendo alloggio, sotto falso nome e con documenti falsi, presso la famiglia del Sig. Restelli Rino in via Vanvitelli, 42.

(Milano dopo l’8 settembre 1943)

4°) Dal 28 Settembre al 18 Dicembre 1943 : Non appena giunto a Milano, non tardai a prendere contatto con parecchi ufficiali che già vivevano clandestinamente, più specialmente, col Generale Zambon e col Generale Robolotti, dai quali seppi che in Milano era in atto un movimento di resistenza.

Il gen. Zambon, infatti, era già in collegamento con elementi borghesi, primo fra tutti il Sig. Parri (Maurizio) del P.D.A.(partito d’Azione), per la costituzione di un compatto fronte di resistenza, appoggiato a forze armate partigiane, in via di costituzione.

(Ferruccio Parri – nome di battaglia Maurizio)

Interpellato se intendevo entrare a far parte del movimento, accettai sen’altro e con molto entusiasmo. I miei contatti clandestini, sia col Gen. Zambon che col Gen. Robolotti, si fecero così frequenti; la mia attività, in questo periodo, fu più specialmente informativa, per conoscere le attività nazi-fasciste tanto nel campo militare, che in quello politico.

Le prime formazioni partigiane, specie quelle della montagna, andavano frattanto organizzandosi, prendendo sempre più veste militare. Fu nella seconda decade del mese di Dicembre che il Gen. Zambon mi invitò a trasferirmi nell’oltre Po Pavese per stabilire contatti ci capi dell’ORGANIZZAZIONE partigiani di quella regione, in particolare con certo Ten. Col. De Scalzi e riferire sull’entità di efficienza di essa.

Il 18 Dicembre 1943 lasciai così Milano e mi trasferii nell’Oltre Po Pavese, prendendo inizialmente, clandestina dimora nei pressi di Stradella in località Montebruciato, presso il Dott. Carlo Bionda.

(Partigiani garibaldini – Pavia 1944)

Prima di proseguire nell’esposizione cronologica degli avvenimenti che interessano la mia attività nell’Oltre Po Pavese, stimo opportuna qui precisare che durante la mia permanenza a Milano sordo ai numerosi appelli, intimazioni e minacce delle autorità italiane repubblicane, non mi presentai alle autorità militari della R.S.I. ne mai mi presentai in avvenire, durante tutto il periodo clandestino di resistenza.

5°) Dal 18 Dicembre 1943 al 28 Febbraio 1944 : Questo periodo è caratterizzato da contatti da me presi con Capi ed organizzatori delle formazioni patriottiche dell’Oltre Po Pavese e del Piacentino. Più specialmente:

  1. a) nell’Oltre Po Pavese dal 18 Dicembre 1943 al 18 Gennaio 1944 presi successivamente dimora:

- presso il Sig. Carlo Bionda, in Montebruciato, nelle vicinanze di Canneto Pavese;

(Montebruciato- oggi)

- presso l’Avv. Berzio, in località Losanna-Mornico, paesetto sulle colline di Casteggio;

(Casteggio PV- oggi)

- presso il Sig. Cesare Cantù, in località Corriggio sul Po, vicinanza di Stradella;

(località Corriggio di Stradella)

- presso il Sig. Mario Cantù, in località Pirocco, vicinanze di Broni.

(Broni- oggi)

Stabiliti contatti con parecchi capi ed organizzatori delle formazioni patriottiche di quella regione e più specialmente col Ten. Col. De Scalzi Luigi (Libero) di Stradella, segnalatomi dal Gen. Zambon, prima che io lasciassi Milano, quale principale esponente del movimento partigiano dell’Oltre Po Pavese.

(Casale Staffora- partigiani 1944. Da sinistra: “Tom”, “Rino”(Dorino Mazza), “Americano”, ultimo a destra “Miro”(Anton Ukmar))

Il 26 Dicembre 1943, dopo contatti parziali, potei riunire presso di me in Montebruciato, nell’abitazione del Dott. Carlo Bionda, parecchi capi ed organizzatori del movimento patriottico. Erano presenti alla riunione: Ten. Col. De Scalzi Luigi - Sig. Cagnoni Bruno - Sig. Riccardi Gianni - Dr. Arrigoni Giacomo - Sig. Mazzoni Giuseppe.

Seppi così del procedere, con non poche difficoltà, dell’organizzazione delle formazioni partigiane della Zona di Pecorara - Romagnese - Zavattarello - Varzi.

(Partigiani Repubblica di Varzi 1944)

Il mattino del 17 Gennaio, mentre mi trovavo al Corriggio, presso il Sig. Cesare Cantù, venni informato, da fiduciari, che la mia presenza era stata segnalata alle autorità nazi-fasciste di Stradella, Broni, Casteggio e che ero attivamente ricercato.

Anzi, il Maresciallo dei CC.RR. di Casteggio, era stato presso l’Avv. Berzio in Losanna-Mornico, sicuro di trovarmi colà, ma io ne ero partito qualche giorno prima per il Corriggio. Per la verità seppi poi, che il Maresciallo desiderava solo informarmi che la mia presenza era ormai nota nella regione e rappresentarmi tutta l’opportunità ch’io mi trasferissi altrove.

Nel pomeriggio dello stesso giorno 17 Gennaio, mi portai al Pirocco presso il Sig. Mario Cantù ed il successivo 18 Gennaio mi trasferii nel Piacentino, dove rimasi sino a tutto il 28 Febbraio.b) In provincia di Piacenza, dal 18 Gennaio al 28 Febbraio 1944, presi clandestina dimora in Ceradello di Carpaneto, presso la Sig.ra Dina Bionda Ved. Braghieri. Stabilii contatti con capi e comandanti del movimento partigiano e più specialmente:

(Carpaneto piacentino – oggi)

- Con l’Avv. Daveri Mario, uno dei capi del movimento di resistenza della provincia di Piacenza. Condannato in contumacia ad otto anni di reclusione dal tribunale Speciale di Piacenza, fu poi arrestato e deportato in un campo di concentramento in Germania.

(avv.Francesco Daveri)

- Col giovane Italo Londei, studente universitario del 4° anno di ingegneria, comandante di una brigata della Divisione Giustizia e Libertà, agli ordini del capitano CC.RR. Cossu (Fausto).

(Italo Londei)

Raccolsi così dati e nortizie sull’Organizzazione delle formazioni partigiane della Provincia di Piacenza, specie di quelle dell’Alta Val Trebbia e dell’Alto Nure.

Ma anche qui, come già sull’Oltre Po Pavese, la mia presenza fu risaputa e segnalata alle autorità nazi-fasciste di Piacenza, le quali disposero attive ricerche per la mia cattura, specie nella regione montana del Piacentino.

Si riteneva infatti per certo, che io fossi al Comando di quelle formazioni, anche perché io sono di Bobbio (Val Trebbia) centro partigiano molto importante, durante tutto il periodo di resistenza.

6°) Dal 1° Marzo al 25 Maggio 1944 : per sfuggire alle ricerche nazi-fasciste che, per sicure segnalazioni avute, si facevano sempre più attive, il 1° Marzo 1944, lasciai il Territorio di Piacenza e feci ritorno a Milano.

Ristabiliti i contatti col Gen. Zambon, col Gen. Robolotti e con altri Ufficiali del fronte della resistenza(Col. Adabbo - Col. Maccarrone - Col. Marini ed altri) ripresi la mia normale attività nel campo informativo, assolvendo anche compiti specifici, che mi venivano di volta in volta assegnati dal gen. Zambon.

Trascorsero così i mesi di Marzo e di Aprile. Ai primi di Maggio, interpellato dal Gen. Zambon, se avessi gradito l’eventuale mia assegnazione ad un costituendo Comando di Piazza di Milano, risposi affermativamente.

Il Gen. Zambon, prese buona nota del mio consenso, riservandosi di indicarmi quando avrei dovuto assumere detto comando.

Si giunse così al 25 Maggio 1944 sotto la quale data, in seguito all’arresto dei Generali Zambon e Robolotti, ha inizio il 2° periodo della mia attività clandestina, la più laboriosa e la più pericolosa.”

(Settembre 1943 - Milano)

Protagonisti della Repubblica di Varzi

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Alpini bobbiesi radicati nella Grande Storia.

(..segue Gen. Bellocchio)

2° PERIODO

Dal 25 Maggio 1944 al 26 Aprile 1945

“Ho più sopra precisato che questo periodo, trascorso interamente a Milano, è stato il più laborioso agli effetti dell’attività svolta ed il più pericoloso agli effetti della vita clandestina.

Non starò a dire dei pericoli corsi, degli inevitabili temporanei momenti di scoramento sempre e prontamente superati, delle molteplici difficoltà incontrate per la ricerca di chi fosse disposto ad ospitarmi clandestinamente. Nell’elenco 1) vengono elencati i cambi di abitazione da me effettuati in Milano per ragioni di sicurezza durante questo 2° periodo, e le famiglie e persone che mi accordarono generosa e patriottica ospitalità. L’allegato 1) riporta pure i cambi di residenza e di abitazione da me effettuati durante il 1° periodo di vita clandestina.

Dirò invece, della mia attività nel campo organizzativo ed operativo, attività improntata, sia presso il Comando Generale che il Comando Piazza, alla più rigida apoliticità. Uguale linea di condotta seguirono gli Ufficiali (specie quelli in s.p.e.) miei collaboratori diretti.

Dichiaro infine che intervenni a tutte le riunioni di comando, sia parziali che plenarie, meno una (assente giustificato perché ammalato con febbre alta) e a tutti i numerosi abboccamenti presi con elementi isolati, sia militari che politici, del fronte della resistenza.

- Per una più chiara esposizione, questo secondo periodo viene suddiviso in due sottoperiodi, per ognuno dei quali esercitai distinte funzioni, e precisamente:

= Dal 25 Maggio al 6 Settembre 1944 = Generale del Comando Generale C.V.L.(Corpo Volontari della Libertà)

= Dal 7 Settembre 1944 al 26 Aprile 1945 = Comandante la Piazza di Milano.

1°) Dal 25 Maggio al 6 Settembre 1944 : il 25 Maggio 1944 furono arrestati in Milano = Piazza Vagner = e tradotti a S. Vittore, il Gen. Zambon e il Gen. Robolotti. Dopo pochi giorni, su designazione del C.L.N.A.I. (Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia) subentrai ai predetti Ufficiali Generali, assumendone le rispettive funzioni.

Miei collaboratori, nel campo strettamente tecnico-militare, furono, fin dal primo momento, i seguenti Ufficiali, già affiancati al Generale Zambon:

  1. a) Colonnello Adabbo Michele (Rossi) Capo del servizio informazioni
  2. b) Colonnello Maccarrone Ugo (Macchi) Ufficiale di Collegamento con un nucleo di ufficiali a disposizione, esiguo inizialmente ma che andò in seguito raffittendosi per sopperire a necessità contingenti. Da questo nucleo, vennero in seguito, tratti consulenti tecnici per i 9 settori della città di Milano (elenco completo del nucleo vedi allegato 2)
  3. c) Maggiore in servizio di Stato Maggiore (Guidi) a disposizione per la compilazione di eventuali particolari studi tecnico-militari.

- Dietro segrete disposizioni del Comando Alleato in Italia e del Governo Bonomi, si provvide, alla fine di Maggio alla costituzione del Comando generale C.V.L. (Corpo Volontari della Libertà Alta Italia), che, ai primi di Giugno, risultò così composto:

- Bellocchio Giuseppe (Comaschi) “Generale di Divisione”

- Italo - Rappresentante del Partito Comunista

- Maurizio - Rappresentante del Partito d’Azione

- Farina - Rappresentante del Partito Socialista

- Mattei - Rappresentante del Partito Demo-Cristiano

- ? - Rappresentante del Partito Liberale = sostituito in secondo tempo, dal Maggiore S.P.E. Argenton.

Il Comando Generale per lo svolgimento della propria attività, si riuniva ogni 3 o 4 giorni. Non facile riusciva la ricerca dei locali di riunione che, per evidenti ragioni clandestine di cospirazione, dovevano essere cambiati quasi ogni volta. In genere, venivano effettuate due riunioni settimanali: una contenuta, sempre per ragioni di sicurezza a “tre” io - Maurizio, rappresentante del Partito d’Azione, - Italo, rappresentante del Partito Comunista, ed una plenaria, cioè con la totalità dei membri del Comando, nella quale veniva, in genere, discusso, approvato o modificato, quanto era stato precedentemente approntato nella riunione a tre.

Il lavoro, invero molto difficile, per ragioni ambientali di sicurezza, e molto laborioso, fu più specialmente inteso:

= a dare veste militare alle varie formazioni partigiane che erano andate costituendosi in tutte le regioni, specie montane, dell’Italia non ancora liberata.

= All’Organizzazione territoriale partigiana dell’Alta Italia: ripartizione in regioni e zone, basata sulle possibilità e sull’entità delle forze in sito.

= Al raggruppamento ed al sempre migliore inquadramento delle forze partigiane dell’Alta Italia.

= Allo studio per l’occupazione e successivo sbarramento della Val d’Ossola da parte di determinate formazioni patriottiche.

= Indipendentemente dal lavoro organizzativo di cui sopra provvidi a stabilire diretti contatti:

= Col Generale Masini (Fiore), Comandante delle formazioni Fiamme Verdi della Val Camonica e della Valtellina, al fine di meglio inserirle nel complesso delle forze partigiane. All’uopo il Gen. Masini partecipò a due riunioni del Comando Generale a “tre”.

(Partigiani Val Camonica)

= Col Colonnello degli Alpini Basile (Sergio): Comandante di Formazioni Patriottiche della Bergamasca (Valsassina, Valseriana, Val Brembana) per lo stesso scopo di cui alle Formazioni Fiamme verdi.

= Con formazioni di ex-Carabinieri, che andavano raggruppandosi intorno al Maggiore Giovannini (Gerolamo), per la loro utilizzazione nella città di Milano, al momento dell’insurrezione.

= Con il Comando della Legione delle Guardie di Finanza di Milano, rimaste in servizio della R.S.I. ma pronta ad agire con i volontari della libertà, al momento opportuno.

(Partigiani lombardi – da video ritrovato)

(Partigiani di Bergamo 1944)

Il 6 Settembre 1944, il Generale Cadorna Raffaele, paracadutato in Alta Italia (Val Camonica), prese contatti in Milano, Via Gustavo Modena, 3 , con me, con Maurizio del P.D.A. e con Italo del P.C. Il predetto Generale, munito di credenziali del Governo Bonomi e del Comando Militare Alleato, veniva a prendere la direzione militare del movimento partigiano in Alta Italia. Cessavo così dalle mie funzioni di generale presso il Comando Generale C.V.L., e, sotto la data del 7 Settembre venivo investito della carica di Comandante della Piazza di Milano.

3°) - Dal 7 Settembre 1944 al 26 Aprile 1945 ; Caratterizzato dalla mia attività di Comandante della Piazza di Milano.

Tale Comando, costituitosi il 18 Agosto 1944 con la denominazione di “ Comando Militare della Piazza di Milano”, era più specialmente incaricato dello studio, organizzazione e condotta, del movimento di liberazione della città di Milano.

La riunione di insediamento del Comando Piazza, ebbe luogo il 18 Agosto stesso. Per incarico ricevuto dal Comando Generale, detta riunione fu presieduta da me, quale rappresentante del Comando Generale. - In tale occasione, presentai ai membri del Comando Piazza, (Franco-comunista, Marco-Partito d’Azione, Frattini-socialista, Fausto-liberale, Neri demo-cristiano, Ferri-repubblicano), il Maggiore in servizio di Stato maggiore Bobbio Scipione (Guidi), quale rappresentante militare in seno al Comando Piazza, - Accennai all’esistenza di un abbozzo di studio, compilato dal Maggiore Bobbio su direttive del Generale Zambon, per la liberazione della città di Milano, studio ancora molto incompleto e teorico, ma che poteva servire di largo orientamento per uno studio accurato, razionale e completo.

I membri del Comando Piazza, convennero sulla necessità di dare pieno e razionale sviluppo all’attività del Comando Piazza. - La seduta terminava così in una atmosfera di viva cordialità, con la promessa di onesta ed attiva collaborazione.

Il 7 Settembre 1944 assunsi, come sopra detta, il Comando della Piazza di Milano, che, in seguito a parziale sostituzione nei suoi elementi costitutivi, per rispetto alla primitiva formazione, risultò così composto:

- Generale di Divisione Bellocchio Giuseppe-Comandante

- Monti, comunista - Commissario Politico

- Marco, partito d’Azione-Capo di Stato Maggiore

- Maggiore Bobbio - Capo Ufficio Operazioni e informazioni

- Pagliano, socialista - Capo Ufficio mobilitazione e collegam.

- ? , demo-cristiano, - Capo Ufficio Trasporti e vettovagliamento

- Fausto, liberale - Capo Ufficio sabotaggio e anti-sabotaggio

- Ferri, repubblicano - Capo Ufficio sanitario.

Come già per il Comando Generale, anche il Comando Piazza per lo svolgimento della propria attività, effettuava di massima due riunioni settimanali: una, contenuta per ragioni cospirative di sicurezza a quattro: io - Monti, commissario politico - Marco, Capo di Stato Maggiore - Maggiore Bobbio, Capo Ufficio Operazione ed informazioni ed una plenaria, cioè con la totalità dei membri del Comando, nella quale veniva in genere discusso, approvato o modificato, quanto era stato precedentemente approntato nella riunione a quattro.

Per una maggiore chiarezza e comprensione, l’attività svolta, quale Comandante di Piazza di Milano, viene esposta in appresso, per bimestre o per mese.”

(Ivanoe Bonomi)

(Partigiani Fiamme verdi di ispirazione cattolica sfilano a Brescia – aprile 1945)

(1944 – Bombardamenti su Milano)

 

Ultimo discorso pubblico del Duce Benito Mussolini al Teatro Lirico di Milano, 16 dicembre 1944

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(continua)


 

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(..segue Gen. Bellocchio)

“- Attività del bimestre Settembre- Ottobre 1944

Nelle riunioni dei mesi di Settembre-Ottobre, furono esaminati, ed in gran parte risolti, i seguenti problemi di particolare urgenza ed importanza:

- Ripartizione della città di Milano in 9 settori - Sesto S.Giovanni compreso - ed organizzazione dei rispettivi Comandi, seguendo, di massima, gli stessi criteri già seguiti per la costituzione del Comando Piazza.

Si decide che a ogni Comando di Settore, venga affiancato un consulente tecnico-militare, scelto fra i migliori del nucleo ufficiali a mia disposizione.

- Organizzazione dei collegamenti durante la fase clandestina.

- Attivazione di una rete informativa, col compito di individuare, attraverso i comandi di settore, gli obiettivi nemici. Tali obiettivi, serviranno per la compilazione di una pianta, degli obiettivi di Milano.

- Sviluppo razionale di attività operative, miranti al sabotaggio della organizzazione nemica dei collegamenti, dei trasporti, dei comandi ecc. Si stabilisce di emanare bollettini quindicinali delle operazioni svolte.

- Sviluppo di attività propagandistiche per ottenere la disgregazione morale nelle file nazi-fasciste, esaltando le vittorie Alleate, i nostri scopi, la resistenza della popolazione accanto alle formazioni patriottiche, ecc. - Si stabilisce la periodica distribuzione, fra la popolazione, di numerosi volantini.

- Situazione di enti armati speciali (Guardie di Finanza, vigili del fuoco, vigili urbani), ancora in servizio e con i quali già erano stati presi agganci sia da parte militare, sia da parte politica. - I membri del Comando Piazza sono d’accordo nel condizionare, per ,il momento, l’apporto di tali corpi armati speciali, data la loro particolare posizione di apparente adesione alla R.S.I.

- Paziente e delicato fu invero, il lavoro per ottenere l’accordo fra i rappresentanti dei vari partiti e per incanalarli all’assolvimento dei compiti loro affidati. Non pochi furono i contrasti da conciliare ed appianare, specie quelli relativi alla ripartizione fondi fra le rispettive formazioni, all’entità, consistenza ed armamento delle formazioni stesse.

Ciò nondimeno, superando non poche difficoltà e pericoli insiti nella vita clandestina, perdendo elementi del Comando in seguito ad arresti praticati dalle forze di polizia nazi-fasciste (Monti, rappresentante del partito comunista - commissario politico = Pagliano, rappresentante del partito socialista = Magg. Ugo, incaricato della compilazione della pianta degli obiettivi e vari agenti informativi) si riesce nei mesi di Settembre-Ottobre a svolgere un piano abbastanza organico di lavoro.

E’ stato così possibile procedere:

- alla compilazione di un primo concetto d’azione per l’insurrezione della città di Milano, inviato al Comando, generale per l’approvazione.

- A tracciare un piano organico per lo sviluppo operativo del sabotaggio. Si cominciano a raccogliere i primi risultati dei GAP (Gruppi di Azione Patriottica)e dei SAP(Squadre di Azione Patriottica).

-Ad una prima ripartizione delle forze tra i vari settori, che risultano piuttosto esigue e molto poco armate.

- Alla compilazione di un primo elenco di obiettivi e conseguente primo impianto della pianta degli obiettivi.

- Alla compilazione e diramazione (tramite i rappresentanti politici) ai Comandi di settore ed ai consulenti tecnico-militari, di una serie di ordini e disposizioni, intesi a perfezionare l’Organizzazione interna dei Comandi di settore e quella delle rispettive formazioni.

A fissare criteri di impiego dei corpi armati speciali, e di talune formazioni della montagna, all’atto della insurrezione: ex Carabinieri della Brigata Giovannini, Guardie di Finanza, Forze foranee della provincia di Milano, talune formazioni della Val d’Ossola e Valsesia (Moscatelli), che il Comando Generale, con ogni probabilità, avrebbe messo a disposizione del Comando Piazza, al momento opportuno.

(Comandanti partigiani dell’Ossola)

Per la verità, devo qui rilevare che dalle riunioni erano sovente assenti i rappresentanti di qualche partito, specie quello liberale e demo-cristiano e che i contrasti, fra i membri dei vari partiti, permanevano piuttosto accentuati, sempre per le questioni: fondi, forze, talchè difficile e delicato riusciva il compito di appianare le divergenze e convogliare gli sforzi per la realizzazione degli scopi prefissi.

Frattanto in seguito agli arresti praticati dalla polizia nazi-fascista, a sostituzione di membri del Comando Piazza per iniziativa delle direzioni dei vari partiti, ed a nuove necessità contingenti, il Comando Piazza subiva nei mesi di Settembre ed Ottobre, alcune sostituzioni nei suoi elementi costitutivi e qualche rimaneggiamento nella sua costituzione organica interna.

così:

- Il commissario politico Monti del partito comunista arrestato viene sostituito da Franco;

- Il rappresentante del partito socialista Pagliano, arrestato viene sostituito da Marcello, quale capo ufficio mobilitazione e collegamento;

Il rappresentante del partito demo-cristiano, viene sostituito da Cipolla, quale capo ufficio trasporti e vettovagliamento.

Rimangono in posto, a coprire le primitive cariche:

- Marco del partito d’Azione = Capo di Stato Maggiore

- Fausto del partito liberale = Capo ufficio sabotaggio ed antisabotaggio.

- Magg. Bobbio capo ufficio operazioni. Al Magg. Bobbio vengono peraltro affiancati due ufficiali: il Ten. Col. Mario presentato dal rappresentante del partito comunista Franco, incaricato di compilare progetti di attacco per gli obiettivi più importanti della città di Milano; Capitano Motta Carlo (Giorgio), presentato dal rappresentante del partito socialista Marcello, incaricato di compilare studi per la organizzazione difensiva di capisaldi alla periferia di ogni settore della città di Milano.

- Si stabilisce infine la costituzione di un ufficio informazioni, sgravando così l’ufficio operazioni. - A capo di tale ufficio, sarà nominato un ufficiale da fornirsi dal partito socialista.

Questa nuova organizzazione degli uffici e del lavoro, raggiunta verso la fine di Ottobre, fa prevedere per l’avvenire un certo acceleramento nell’attività clandestina del Comando Piazza.

- Attività del mese di Novembre -

Nel mese di Novembre si va maggiormente organizzando:

- l’apporto delle forze foranee della provincia di Milano nella fase pre-insurrezionale, con azioni di sabotaggio e guerriglia nelle zone di rispettiva pertinenza.

- Il concorso delle stesse forze foranee, durante la fase insurrezionale: loro afflusso in Milano, al momento opportuno, con passaggio alle dipendenze dei rispettivi comandi di settore.

- Il concorso delle forze partigiane della montagna, durante la fase insurrezionale: le formazioni della Val d’Ossola e della Val Sesia (Moscatelli) vengono messe dal Comando Generale a disposizione del Comando Piazza: afflusso in Milano, dal lato nord-ovest a cavallo della Valle Olona.

Quanto sopra porta a numerosi contatti fra me e ufficiali di collegamento delle formazioni foranee e della montagna ed a numerose discussioni, per superare le non poche difficoltà di carattere tecnico-militare.

Vengono inoltre definite talune questioni delicate e precisamente:

- La brigata ex Carabinieri Giovannini costituirà riserva a disposizione del Comando Piazza. Detta Brigata dovrà però riorganizzarsi sulla base delle formazioni partigiane; accanto al Comandante, si affiancherà un Commissario politico; le forze, verranno raggruppate in squadre, distaccamenti e brigate.

Molte diffidenze esistevano invero da parte dei rappresentanti politici, verso gli ex-carabinieri, e solo dopo numerose e laboriose discussioni si riuscì a farle immettere nelle organizzazioni del C.V.L.(Corpo Volontari della Libertà)

- La posizione dei consulenti tecnico-militari dei 9 settori della città di Milano, viene chiarita nel senso che ad essi non si può attribuire la responsabilità dell’impiego delle formazioni partigiane, in quanto essi non esercitano funzioni di comando vere e proprie. - La responsabilità resta invece devoluta ai Comandi di settore, ai quali è legato l’effettivo impiego delle forze settoriali.

Nello stesso mese di Novembre, attivi procedono pure i lavori per l’insediamento dei Comandi di settore e dei rispettivi consulenti tecnico-militari.

Purtroppo, gli arresti fra gli elementi costituenti i 9 Comandi di settore sono frequenti e molto spesso, quando si ritiene che un Comando di settore sia insediato con tutti i suoi elementi ed in condizioni di poter funzionare, si è costretti rifare il lavoro ed a rinnovare gli “agganci”, per la caduta di qualche elemento.

Nella terza decade del mese di Novembre, infine, su decisioni del partito comunista, il Commissario politico del Comando Piazza Franco viene sostituito da Ugo ,proveniente dalla Venezia Giulia.

- Attività del mese di Dicembre 1944 :

Causa il succedersi di dolorosi infortuni ed incidenti, l’attività del mese di Dicembre è stata alquanto intralciata.

- Il Comando Piazza subisce infatti, una nuova grave perdita.

Marco (Sergio Kasman del partito d’azione-Capo di Stato Maggiore), bella figura di puro patriota, per il tradimento di un membro del partito stesso, viene catturato e vilmente assassinato dalla polizia nazi-fascista. Lo sostituisce, nel Comando Piazza, Bortolo (Signorelli) delle stesso partito.

- Vittima dello stesso traditore, è il consulente militare del settore Venezia, Ten. Col. A.A. Mazza, che viene arrestato e tradotto al carcere di S. Vittore. Sottoposto a tortura, non parla ed uscirà da S. Vittore, solo dopo la caduta del fascismo.

- Una grave accusa infine viene mossa dai membri del Comando Generale, contro il rappresentante del partito socialista del Comando Piazza, Marcello. L’accusa sostiene che farebbe il doppio gioco. Il Comando Piazza, provvede al suo temporaneo allontanamento dal Comando stesso, e nomina una commissione d’inchiesta.

Il partito socialista, sostituisce Marcello con Rolando.

L’inchiesta si chiude a favore di Marcello, che viene liberato da qualsiasi accusa e sospetto. Per ragioni di opportunità, resta però confermata la sua sostituzione con Rolando.

Malgrado infortuni ed incidenti, intenso procede il lavoro a dare veste sempre più concreta al piano insurrezionale, a raccogliere schizzi e dati per la compilazione dei progetti di attacco per ogni obiettivo di particolare importanza, a completare la pianta degli obiettivi stessi della Piazza di Milano.”

(Partigiani Val Sesia)

(Cino Moscatelli Comandante Partigiani Val Sesia)

"Ciro"Eraldo Gastone, comandante militare della Divisione Valsesia.

 

25 aprile Festa della Liberazione, Kasman: occorre insegnare la storia fin da bambini

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(continua)


 

Alpini bobbiesi radicati nella Grande Storia.

(..segue Gen. Bellocchio)

“- Attività del mese di Gennaio 1945 :

Nel mese di Gennaio, l’attività del Comando Piazza si intensifica:

- I comandi di settore, si insediano quasi completamente con i rispettivi consulenti tecnico-militari.

- Il collegamento con le formazioni di montagna (Moscatelli) viene mantenuto tramite l’ufficiale di collegamento Guasta.

- Si precisano, nei particolari, i criteri di impiego delle forze cittadine, delle forze foranee e di quelle della montagna.

- Si intensifica l’azione di sabotaggio nell’interno della città e della provincia, mirando a disorganizzare sempre più servizi e collegamenti nemici ed a portare terrore nelle formazioni nemiche. - Alle azioni repressive fasciste, si risponde con controazioni sempre più violente. I bollettini delle azioni svolte dai patrioti hanno una sempre maggiore diffusione. Da quindicinali, diventano settimanali.

(Foglio clandestino S.A.P)

- La propaganda nazi-fascista si fa sempre più serrata.

- Gli organi politici del Comando Piazza mirano a affittire sempre più le proprie formazioni con nuovi agganci ed a procurarsi armi per disporre di un numero sempre maggiore di combattenti.

- Attività del mese di Febbraio 1945 :

Il 1° Febbraio, furono arrestati in Largo Cairoli da agenti delle S.S. Italiane, al servizio dei tedeschi, il Col. Maccarrone, il Maggiore Bobbio e la sua segretaria. Dopo 36 ore, nulla essendo risultato a loro carico, vengono rilasciati.

L’infortunio portò, peraltro, un certo turbamento nel normale svolgimento dell’attività del Comando Piazza, specie nel campo dei collegamenti, parecchi dei quali furono per qualche tempo interrotti. Il Colonnello Maccarrone infatti manteneva i collegamenti fra me ed i consulenti tecnici dei vari settori, mentre il Magg. Bobbio li manteneva con il Comando Generale.

Siccome da informazioni fiduciarie, risultava quasi accertato che i predetti due ufficiali, per quanto rilasciati, continuavano ad essere pedinati da agenti della polizia nazi-fascista, (il Maccarrone subì pure una minuta perquisizione nella propria abitazione), per evidenti ragioni prudenziali e di sicurezza disposi che il Maccarrone cessasse dal suo incarico e fosse sostituito, nella sua qualità di Ufficiale di Collegamento coi consulenti tecnici, dal Te. Col. Commissario R.E. Aprile, e che il Magg. Bobbio sospendesse temporaneamente il suo intervento alle sedute del Comando Piazza, pur continuando a prestare, in forma molto segreta, le sue funzioni di capo-ufficio operazioni.

Malgrado gli infortuni di cui sopra, furono trattate importanti questioni e precisamente:

- Siccome il piano generale insurrezionale, per la mancanza di alcuni importanti dati ancora non si era potuto completare, provvidi a far compilare un piano di rapida attuazione nell’eventualità di un crollo improvviso dei nazi-fascisti. Tale piano, letto e discusso nella seduta plenaria del 16 Febbraio salvo poche brevi modifiche, viene approvato e diramato ai comandi di settore, perché con la collaborazione di consulenti tecnici, possano dare le conseguenti tempestive disposizioni, per la sua eventuale pronta attuazione.

Si provvide inoltre:

- Alla quasi completa compilazione della pianta degli obiettivi della città di Milano.

- All’impianto e modalità di funzionamento dei tribunali speciali di guerra settoriali.

- Alla migliore organizzazione dei servizi, specie quelli sanitari e di vettovagliamento.

- Attività del mese di Marzo 1945 :

Nel mese di Marzo, il Comando di Piazza subisce, per iniziative delle direzioni dei vari partiti e senza preavviso alcuno, molte sostituzioni nei suoi elementi costitutivi.

Così:

- Il Commissario politico del Partito comunista Ugo, viene sostituito da Milani.

- Il capo di stato maggiore Bortolo del partito d’azione, viene sostituito da Primo e, poco dopo, da Collini (Magg. S.P.E. di fanteria) proveniente da Torino.

- Il rappresentante del partito socialista Rolando , viene sostituito da Oliva (Ten. di complemento autieri).

- Il rappresentante del partito liberale ? , viene sostituito da Mondino (Capitano in S.P.E. di Artiglieria)

- Il rappresentante del partito demo-cristiano Longo, viene sostituito da Galvan (Capitano in S.P.E. di artiglieria).

Continua a rimanere in carica, il solo rappresentante del partito repubblicano Ferri.

Malgrado lo stato di crisi in cui viene a trovarsi il Comando, per l’improvvisa e quasi totale sostituzione dei suoi elementi, effettuata proprio alla vigilia di avvenimenti decisivi, il Comando Piazza e più specialmente l’ufficio operazioni, lavorano intensamente per raccogliere le file di tutta l’attività svolta. Infatti:

- Nella prima decade di Marzo si completa e si dirama, a tutti i comandi di settore, ai consulenti tecnici e a tutti gli interessati, il piano insurrezionale vero e proprio, che viene così a sostituire quello di rapida attuazione, precedentemente diramato per l’eventualità di un crollo improvviso dei nazi-fascisti.- Sulla base di esso piano i Comandi di settore, in collaborazione coi consulenti tecnici compilano i rispettivi definitivi piani insurrezionali.

- Si stringono frequenti contatti con ufficiali inglesi e più specialmente con il Maggio inglese X, per concordare le modalità per il lancio di armi e munizioni alle formazioni patriottiche di Milano, foranee e di quelle della montagna, destinate ad affluire a Milano al momento dell’insurrezione.

Alla fine di Marzo il difficile, laborioso lavoro per l’effettuazione dell’insurrezione, può dirsi ultimato.

- Mese di Aprile 1945 :

Nel mese di Aprile e più specialmente durante la prima quindicina, serrato continua il lavoro per mettere a punto tutta l’organizzazione. Gli animi dei patrioti sono tesi. Dato l’incalzare degli avvenimenti, si attende il via del Comando Generale per l’assalto finale. Le vittoriose avanzate degli eserciti alleati sia ad est che ad ovest, l’offensiva alleata del sud, sulla frontiera italiana, con il conseguente sfondamento e dilagamento in direzione nord attraverso la pianura padana; la crescente demoralizzazione e disorganizzazione nelle file tedesche, il panico dei fascisti e le numerose diserzioni nelle file delle forze armate repubblicane, creano l’atmosfera necessaria per la massima intensificazione dell’attività dei patrioti, sino a sfociare nella giornata del 25 Aprile, nella travolgente fase insurrezionale che vide i patrioti della città di Milano in vittoriosa ed accanita lotta contro le residue resistenze nazi-fasciste, fino al loro annientamento ed alla loro resa totale.

Nel successivo giorno 26 Aprile Milano “libera”, era già nelle mani dei patrioti milanesi, mentre convergevano sulla città le vittoriose formazioni della provincia e della montagna.”

IL GENERALE DI DIVISIONE

Allegato 1

ELENCO dei cambi di residenza e di abitazione effettuati dal Generale di Divisione Giuseppe Bellocchio, durante la vita clandestina sul fronte della resistenza.

Allegato 2

ELENCO Degli ufficiali che hanno avuto compiti operativi presso il Comando Piazza dio Milano nel periodo precedente e durante la fase insurrezionale.

(Partigiani – Liberazione di Milano)

(Liberazione di Milano)

(Partigiani Divisione Val Toce)

(Partigiani sfilano per le strade di Milano)

(Comizio di Sandro Pertini a Milano 1945)

(Il Comando Generale CVL sfila a Milano nel maggio 1945 – 3° da sinistra Ferruccio Parri, 5° Luigi Longo)

 

La battaglia di Milano

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25 Aprile 1045 Liberazione di Milano

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Sandro Pertini racconta l'incontro con Mussolini (25 aprile 1945)

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Raccolta dei primi 7 articoli in formato pdf (continua)


 

Alpini bobbiesi radicati nella Grande Storia.

(..segue Gen. Bellocchio)

COMITATO DI LIBERAZIONE NAZIONALE

CORPO VOLONTARI DELLA LIBERTA’

C O M A N D O P I A Z Z A M I L A N O

Febbraio 1945

PIANO GENERALE

PER LA INSURREZIONE DELLA CITTA’ DI MILANO

“Premessa

1°- CONDIZIONI ESSENZIALI

Perché l’azione insurrezionale in Milano si possa attuare, occorre:

  1. a) conoscere la situazione nemica in atto e la sua evoluzione nei minuti particolari;

b)avere le forze insurrezionali della città alla mano, attraverso quadri tecnicamente capaci,devoti, audaci, decisi;

c)disporre nelle misura massima possibile delle forze dei dintorni di Milano e di qualche formazione, tra le più agguerrite, della montagna;

d)che la disciplina sia in tutti effettiva ed assoluta. Anche se necessità contingenti impongono la costituzione del comando multiplo, nell’azione militare uno solo deve comandare: il più degno e capace. Man mano si scende nella scala dei reparti, il comando deve essere unificato. Nessuna divergenza politica;

e)che la sorpresa sia ricercata e curata come il fattore decisivo per eccellenza;

f)che l’entusiasmo e la capacità operativa dei gregari supplisca, nell’azione, l’eventuale deficienza di armi e di mezzi;

g)che l’ambiente sia curato e preparato con una sana attiva propaganda al fine di ottenere una larga partecipazione delle masse all’azione;

h)che venga fin d’ora incrementata una efficace azione di guerriglia sabotaggio e disturbo.

2° - MOMENTO DELL’AZIONE

Il definirlo è pretta azione di comando. Esso è in relazione:

- alla situazione strategica in atto;

- alle forze disponibili.

La situazione strategica più attendibile nella quale verrà, presumibilmente, ad inquadrarsi l’azione insurrezionale di Milano può così concretarsi:

- piena riuscita dell’offensiva delle Armate A.A. sul fronte Appenninico, con conseguente invasione della pianura Padana da sud verso nord;

- ripiegamento, presumibilmente ordinato, delle forze tedesche dall’arco Genova-Rimini in direzione nord e nord-est, sfruttando l’intero fascio delle comunicazioni principale e secondarie;

- ripiegamento delle forze nazifasciste dalla frontiera Alpina in direzione est e nord-est, svolto presumibilmente con celerità, allo scopo di sottrarsi ai prevedibili attacchi sui fianchi ed all’accerchiamento da parte delle formazioni patriottiche e, forse anche, dalle truppe A.A.

Per la sua posizione Milano:

- resta fuori dall’insieme delle grandi direttrici di ripiegamento che da sud verso nord adducono alla frontiera Italo-Tedesca;

- è attraversata invece dalle principali direttrici di ripiegamento da ovest verso est.

Si può quindi prevedere:

- da parte Alleata: il tentativo di attraversare celermente la pianura Padana sia verso nord, sia diagonalmente in direzione di Milano, Ticino, lago Maggiore;

- da parte tedesca: la costituzione di forti blocchi di retroguardia sul Po e più a nord (a Pavia e Lodi per quanto riguarda Milano) e sul Ticino, con compito di resistenza fino ad avvenuto deflusso delle forze nazifasciste provenienti dalla frontiera francese.

Da quanto precede si può dedurre che il piano insurrezionale per la liberazione di Milano potrà avere le maggiori possibilità di riuscita se esso verrà attuato, nella sua fase intensa, solo quando le truppe Alleate avranno saldamente occupato Pavia e Lodi e puntino decisamente su Milano.

L’anticipare il momento dell’azione significa tentare di colpire il nemico quando è ancora in piena efficienza e deciso alla lotta; significa esporre la cittadinanza a feroci ed inutili rappresaglie; significa infine condannare l’azione all’insuccesso.

Bisogna saper attendere senza impazienza, perfezionando nel frattempo il lavoro di organizzazione. Una volta decisa l’azione, questa deve scoppiare improvvisa, decisa, violenta.

D’altro canto, ritardare più oltre l’azione, potrebbe significare non fare l’azione stessa.

PARTE PRIMA

SCOPO

Ci proponiamo di:

  1. a) intralciare il ripiegamento dalla città di Milano delle truppe nazifasciste apportando loro, con tutti i mezzi, il massimo possibile di perdite e danni;
  2. b) distruggere, o quanto meno, immobilizzare le forze nazifasciste fermatesi nella città con il compito di resistenza ad oltranza;
  3. c) occupare militarmente gli enti militari, politici, amministrativi, attuando quanto necessario per il loro rapido adeguamento alle necessità dei patrioti e della popolazione;
  4. d) garantire la sicurezza e l’ordine della città, provvedendo al tempestivo fermo o alla eliminazione degli elementi antifascisti;
  5. e) occupare, proteggere e difendere il patrimonio industriale, i grossi complessi commerciali e le opere d’arte essenziali per il movimento e funzionamento dei servizi cittadini.

SITUAZIONE NEMICA

La situazione nemica, nella città di Milano, può concretarsi in uno dei seguenti casi:

Caso A: Limitate aliquote di forze tedesche occupano alcuni quartieri della città di Milano per la protezione delle vie di ripiegamento; le forze fasciste collaborano e presidiano determinati capisaldi.

Si può ritenere questo il caso più probabile.

Caso B: Consistenti forze tedesche affiancate dalle forze fasciste mantengono saldamente l’occupazione della città, difendendola ad oltranza.

Si può ritenere caso poco probabile, data anche la posizione eccentrica della città rispetto alle principali vie di ripiegamento tedesche.

Caso C: Tutte le forze naziste ripiegano; forze fasciste di una certa consistenza restano in posto costituendo centri di resistenza in determinati capisaldi.

Il presente piano considera, più specialmente, la situazione nemica riferita al caso A, ritenuto il più probabile.

D’altra parte, con lo studio e l’organizzazione di questo caso, sarà facile, ove occorra, passare automaticamente alla attuazione dei casi B e C per i quali, nella parte 2^ del presente piano, vengono date succinte norme e direttive integrative.

CONCETTO D’AZIONE

E’ nostro intendimento svolgere l’azione insurrezionale di Milano in due fasi:

- fase pre-insurrezionale

- fase insurrezionale.

La fase pre-insurrezionale (già in atto) comprende:

  1. a) una intensificazione gradualmente crescente dell’attività di guerriglia e sabotaggio nei settori di Milano e zone periferiche, fino a compiere azioni a largo raggio, con l’impiego coordinato o contemporaneo di più unità.
  2. b) l’attivazione di una intensa propaganda tendente a deprimere il morale del nemico ed a galvanizzare le nostre masse popolari.

La fase insurrezionale ha inizio su ordine del comando Piazza. In tale fase occorre:

  1. a) lanciare con la maggiore celerità possibile forti pattuglioni alla conquista di predesignati obiettivi eliminando, con rapida azione, i nazifascisti che li presidiano;
  2. b) isolare e neutralizzare quegli obiettivi che presentassero forti possibilità di difesa;
  3. c) costituire, ove possibile, nell’interno di ciascun settore un proprio centro di resistenza organizzandolo a caposaldo;
  4. d) tenere a propria disposizione in ogni settore la maggior quantità possibile di forze sia per rinforzare l’azione di cui alle precedenti lettere a) e b), sia per provvedere tempestivamente a nuove esigenze;
  5. e) concentrare ai margini di Milano le forze foranee, la divisione(correzione a penna Marat, Greppi) e Pasubio e alcune formazioni partigiane della montagna con i seguenti compiti:

- sostenere e rinforzare l’azione delle forze settoriali di città;

- intralciare con ogni mezzo la manovra di ripiegamento tedesca;

- collegarsi sulle più probabili direttrici di avanzata con le truppe alleate A.A.;

  1. f) istituire posti di blocco alla periferia della città, per impedire la fuori uscita di elementi sospetti, di automezzi, di armi e materiali vari.

RIPARTIZIONE DEL TERRITORIO

1° - La città di Milano viene ripartita secondo la giurisdizione mandamentale della Vigilanza urbana, nei seguenti nove settori operativi:

Settore Duomo

Sigla 0 centrale

Settore Garibaldi

Sigla 1 periferico

Settore Venezia

Sigla 2 periferico

Settore Vittoria

Sigla 3 periferico

Settore Vigentino

Sigla 4 periferico

Settore Ticinese

Sigla 5 periferico

Settore Magenta

Sigla 6 periferico

Settore Sempione

Sigla 7 periferico

Settore Sesto S.G.

Sigla 8 extra-urbano

FORZE DISPONIBILI – LORO RIPARTIZIONE

Per l’insurrezione nella città di Milano sono disponibili forze interne, foranee, formazioni della montagna, forze ausiliarie come da allegato 2 specchio riassuntivo A.

L’armamento, non ancora precisato con esattezza, risulta comunque di misura alquanto deficiente – specie quelle automatico pesante – per le forze interne, foranee ed ausiliarie. Per le forze partigiane della montagna invece, l’armamento si può considerare pressoché completo.

Siccome non è facile determinare, anche con una certa approssimazione le forze effettivamente disponibili e d’altra parte anche su quelle sicuramente conosciute è da prevedersi che al momento dell’azione non tutti potranno essere presenti, così nel procedere allo studio ed organizzazione del piano sarà bene che i comandi di settore, delle forze riportata nell’allegato 2 facciano assegnamento sul 30% circa delle forze interne o della città e sul 50% circa delle forze foranee o della provincia.

DISLOCAZIONE INIZIALE DELLE FORZE INTERNE E FORANEE

- la dislocazione iniziale per ogni settore delle forze interne;

- la zona di raccolta, le direttrici di movimento per l’avvicinamento alla periferia di Milano, nonché lo schieramento iniziale delle forze foranee, risultano dallo specchio allegato n. 3.

DIPENDENZE DEI COMANDI DELLE FORZE

1°- Nella fase pre-insurrezionale dipenderanno direttamente dal Comando della Piazza di Milano:

- i nove comandi di settore, ai quali fanno capo le rispettive forze interne raggruppate in brigate, distaccamenti e squadre

- i comandi unificati delle forze foranee, ai quali fanno capo le rispettive forze foranee

- le forze ausiliarie.

2° - Nella fase insurrezionale dipenderanno direttamente dal comando Piazza di Milano:

- i nove comandi di settore

- le formazioni partigiane della montagna partecipanti all’insurrezione

- le forze ausiliarie.

Le forze foranee invece, passeranno alle dipendenze dei comandi di settore nella cui giurisdizione dovranno operare man mano che affluiscono nel rispettivo territorio settoriale.

OBIETTIVI

Gli obiettivi si distinguono in:

- obiettivi di 1° piano: difesi da forze armate e la cui occupazione prevedibilmente richiede uno sforzo bellico;

- obiettivi di 2° piano: limitatamente difesi o non difesi, la cui occupazione rappresenta una utilità di ordine collettivo.

Di massima si possono classificare:

  1. a) obiettivi di 1° piano: comandi tedeschi e fascisti, caserme, alberghi ed edifici organizzati a difesa, stabilimenti opifici e depositi militari, aeroporti, centrali di collegamento, abitazioni dei capi tedeschi e fascisti, stabilimenti di pena, campi di concentramento;
  2. b) obiettivi di 2° piano: organizzazioni e stabilimenti logistici fascisti e tedeschi, uffici politici e amministrativi, stazioni ferroviarie, rimesse tranviarie, banche, sedi e tipografie di giornali, stabilimenti di pubblica utilità (luce, gas, acqua), Stipel, stabilimenti industriali, tribunali, uffici postali, grossi complessi commerciali ecc.

La sovraesposta classifica non è tassativa poiché, nel corso dell’azione, obiettivi classificati di 1° piano, potrebbero agli effetti dello sforzo bellico, presentarsi di 2° piano e viceversa.”

(Insurrezione a Milano – 1945)

(25 Aprile- Insurrezione a Milano)

25 Aprile 1945 L'insurrezione e la Liberazione di Milano

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(continua)

 


Alpini bobbiesi radicati nella Grande Storia.

(..segue Gen. Bellocchio)

“COMPITI NELLA FASE PRE-INSURREZIONALE

La fase pre-insurrezionale è in atto. Le attività da svolgersi – azioni di guerriglia, di sabotaggio e di disturbo – la designazione degli obiettivi da colpirsi, e le modalità di condotta delle azioni già sono state più volte precisate in precedenti ordini e disposizioni ai quali ci si richiama.

Occorre ora intensificare con un crescendo serrato tale attività sia in Milano sia nelle zone periferiche sino a compiere azioni a largo raggio con l’impiego coordinato e contemporaneo di più unità.

COMPITI NELLA FASE INSURREZIONALE

A – Comandi di settore: dovranno:

1) far svolgere le azioni fissate dal concetto d’azione per la fase insurrezionale (lettere a) b) e c) secondo un piano concreto studiato e redatto da ogni comando di settore per il proprio territorio e precisamente:

- lanciare con la maggiore celerità possibile forti pattuglioni alla conquista di predesignati obiettivi eliminando, con rapida azione, i nazifascisti che li presidiano;

- isolare e neutralizzare quegli obiettivi che presentassero forti possibilità di difesa;

- costituire ove possibile, nell’interno di ciascun settore un proprio centro di resistenza organizzandolo a caposaldo;

2) affidare alle forze foranee, (comprese in esse le due brigate garibaldine provenienti da Sesto S.G. ed assegnate al settore Vittoria) i compiti di cui al concetto d’azione lettera e) e precisamente:

- sostenere e rinforzare le azioni delle forze settoriali di città;

- intralciare con ogni mezzo la manovra di ripiegamento tedesco. Tale compito resta più specialmente affidato alle forze foranee concentrate nei settori Sempione e Venezia.

- collegarsi sulle più probabili direttrici d’avanzata con le truppe alleate A.A.. Tale compito resta più specialmente affidato alle forze foranee concentrate nel settore Vigentino.

3) costituire una riserva di settore per parare ad esigenze impreviste.

  1. B) – Forze ausiliarie: agiranno alle dirette dipendenze del comando Piazza. In particolare:

1) le brigate Marat Greppi e Pasubio, schierandosi inizialmente nelle zone di Cernusco e Pioltello si porteranno con le loro forze a cavallo delle due rotabili Milano-Bergamo; Milano-Brescia e daranno battaglia alle forze nazifasciste che tentassero fuggire da Milano in direzione est e nord-est.

Costituiranno poscia riserva generale a disposizione del Comando Piazza per azioni da svolgere nell’interno della città di Milano (vedi allegato N. 5);

2) La brigata Gerolamo provvederà:

- alla difesa del comando Piazza di Milano, con una aliquota delle sue forze (vedi allegato N. 5);

- all’organizzazione di un corpo speciale di polizia per il mantenimento dell’ordine pubblico (vedi allegati N. 5 e N. 6).

  1. C) – Forze partigiane della montagna. Dovranno:

1) durante il periodo acuto della fase pre-insurrezionale, su ordine del comando Piazza - od anche di iniziativa se la situazione generale lo imponesse – avvicinarsi a Milano seguendo la direttrice di movimento della valle Olona secondo un piano di movimento studiato e concretato dal comando formazioni stesse;

2) concentrarsi inizialmente nella zona di Rho, schierandosi a sud-est di detta località, a cavallo del fascio di rotabili che da Milano adducono a Sesto Calende, Varese e Como. Dare battaglia alle forze nazifasciste che tentassero fuggire da Milano in direzione nord-est;

3) costituire poscia riserva generale a disposizione del comando Piazza per azioni da svolgere nell’interno della città di Milano (vedi allegato N. 5).

POSTI COMANDO

- Fase pre-insurrezionale: i posti comando sono occulti e cambiati frequentemente;

- fase insurrezionale: riserva di tempestive comunicazioni per la dislocazione del posto comando Piazza.

I comandi di settore, il comando forze partigiane della montagna ed i comandi delle forze ausiliarie comunicheranno il più rapidamente possibile al comando piazza i rispettivi posti comando prescelti ed eventuali successivi spostamenti.

COLLEGAMENTI

Nella fase pre-insurrezionale, i collegamenti tra il comando Piazza ed i comandi superiori e dipendenti sono assicurati a mezzo ufficiali di collegamento e staffette.

Nella fase insurrezionale:

  1. a) tra il comando Piazza ed i comandi superiori:

-a mezzo radio (se possibile)

- a mezzo ufficiali di collegamento

  1. b) tra il comando Piazza ed il comando formazioni partigiane della montagna:

- a mezzo radio (se possibile)

- a mezzo ufficiali di collegamento e staffette.

  1. c) tra il comando Piazza ed i comandi di settore:

- a mezzo radio (se possibile)

- a mezzo rete telefonica urbana (quando possibile)

- a mezzo posti di corrispondenza ed ufficiali di collegamento.

  1. d) tra il comando Piazza ed i comandi delle forze ausiliarie:

- a mezzo rete telefonica urbana (quando possibile)

- a mezzo posti di corrispondenza

- a mezzo ufficiali di collegamento e staffette.

SERVIZI

  1. A) Servizio di Sanità:

Il servizio di sanità per la piazza di Milano funziona agli ordini di un Comitato direttivo costituito da un direttore di sanità responsabile, da un vicedirettore e da 4 aiutanti.

A capo di ogni settore sta un medico capo settore che ha l’obbligo di curare l’organizzazione e dirigere il servizio sanitario all’interno del proprio settore.

Ogni medico capo settore (coadiuvato da un proprio secondo, capace di sostituirlo in ogni momento) provvederà:

  1. a) ad organizzare e segnalare al proprio comando di settore numero e dislocazione dei posti di primo soccorso e di ricovero stabiliti nell’interno del settore, attrezzandoli rapidamente con personale sanitario e mezzi necessari (all’uopo sfruttare attrezzature e personale sanitario già esistente nel settore: ospedali, case di cura, posti di soccorso, ambulatori comunali, delle mutue e privati; scuole, ospizi, collegi, case private; nonché il personale sanitario già in funzione, infermieri, crocerossine ecc.);
  2. b) a prendere stretti contatti con il rispettivo comando di settore per rendere quanto più è possibile aderente il servizio sanitario alle previste operazioni. Farà perciò capo al comando del proprio settore per tutte le richieste di personale (porta feriti) e di mezzi di trasporto (possibilmente autoveicoli nel numero necessario presunto, dotati di carburante e conducenti).

La Direzione di sanità è pregata di emanare ai medici capi settore norme e disposizioni integrative di carattere tecnico.

  1. B) Servizio di vettovagliamento

I comandi delle formazioni patriottiche dovranno assicurare, mediante depositi convenientemente dislocati, tre giornate di viveri per le rispettive formazioni.

In ogni settore si dovrà provvedere inoltre allo sfruttamento del personale, delle attrezzature e delle vettovaglie delle mense aziendali o comunali nonché dei magazzini, sussistenze e mense delle forze repubblicane.

  1. C) Servizio armi e munizioni

Ogni comando settore curerà l’impianto di uno o più depositi di armi e munizioni, regolandone le modalità di prelevamento.

E’ dovere di tutti i combattenti segnalare magazzini e depositi nemici per la loro rapida occupazione ed utilizzazione.

  1. D) Servizi trasporti

Ogni comando di settore dovrà provvedere:

  1. a) all’impiego degli automezzi che sin d’ora fossero eventualmente accantonati;
  2. b) al fermo degli autoveicoli in circolazione curando che fin dall’inizio dell’insurrezione nessun automezzo riesca ad allontanarsi da Milano;
  3. c) alla designazione delle zone ove gli automezzi fermati debbano concentrarsi.
  4. E) Servizio di polizia

Tutte le forze operanti nella città di Milano sono da considerarsi anche forze in servizio di polizia.

Il servizio di ordine pubblico sarà da esse più specialmente disimpegnato a situazione normalizzata.

Durante le operazioni di occupazione della città, per compiti mobili di polizia, funzionerà un corpo speciale di polizia agli ordini del maggiore Gerolamo, (affiancato da un commissario politico), il quale provvederà ad applicare, appena possibile, il progetto d’ordine pubblico concretato dal comando piazza(allegato N.6).

Il corpo speciale di polizia sarà costituito da:

- brigata speciale Gerolamo (su 300 ex carabinieri)

- brigata speciale Garibaldi (su 250 specializzati)

- brigata speciale Matteotti (su 200 specializzati)

- brigata speciale C.L. (su 150 specializzati)

- brigata speciale Risor.to (su 100 specializzati)

- brigata speciale del Popolo (su 100 specializzati)

- brigata speciale Mazzini (su 100 specializzati)

Totale 1200

Di massima, le pattuglie d’ordine pubblico che verranno impiegate, dovranno essere miste, cioè composte da elementi di tutte le brigate speciali. Gli ex-carabinieri rappresenteranno, nell’interno di ciascuna pattuglia, gli elementi tecnici di servizio.

Il maggiore Gerolamo, affiancato da un commissario politico, allorchè la situazione sarà in via di sistemazione, prenderà contatti ed accordi sia col Prefetto, sia col Questore di Milano, che si ritiene saranno nel frattempo insediati, per la migliore utilizzazione del corpo speciale di polizia.

A cura del comando Piazza saranno stampate e fatte affiggere le prescrizioni di massima per il contegno della cittadinanza durante il periodo dell’insurrezione (vedi allegato N. 7).

  1. F) Tribunali straordinari

Nella città di Milano funzioneranno tribunali straordinari (uno per settore) incaricati di giudicare i traditori fascisti e tutti coloro che approfittando del periodo di emergenza, commettessero atti di delinquenza o comunque turbassero l’ordine pubblico. La costituzione ed il funzionamento dei tribunali vengono precisati in norme e disposizioni a parte. “

(Mialno – barricate)

(Partigiani nelle strade di Milano)

(Insurrezione Milano 1945)

(Alba della libertà – Milano 1945)

(Ettore Giovannini – carabiniere comandante della Brigata Gerolamo)

La battaglia di Milano 2^ parte

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(continua)


 

Alpini bobbiesi radicati nella Grande Storia.

(..segue Gen. Bellocchio)

“PARTE SECONDA

DIRETTIVE PER I CASI B e C

1) Caso B: “Consistenti forze tedesche affiancate dalle forze fasciste mantengono saldamente la città di Milano, difendendola ad oltranza”

Verificandosi tal caso non è possibile attuare una vera e propria insurrezione, non disponendo di forze e mezzi all’uopo necessari.

Per contro le azioni di guerriglia, sabotaggio e disturbo previste per la fase pre-insurrezionale dovranno essere intensificate al massimo e tendere ad indebolire la capacità di resistenza del nemico colpendolo nelle vie di rifornimento, interrompendo i collegamenti, distruggendo depositi, aggredendo combattenti isolati od a piccoli gruppi, disturbando il funzionamento dei servizi.

Le azioni di retrovia, dovranno essere sviluppate principalmente nei settori ove le forze degli alleati, che nel frattempo avranno investita la città di Milano, tenderanno al conseguimento dello sfondamento.

I comandi di settore dovranno inoltre tutto predisporre per il pronto intervento delle loro forze in concorso alle azioni decisive sviluppate dagli alleati e quando palesi segni di disgregazione nelle forze nemiche consentano di poterle colpire nelle migliori condizioni.

2) Caso C: “Tutte le forze naziste ripiegano; restano in posto forze fasciste di una certa consistenza, con l’incarico di costituire centri di resistenza in determinati capisaldi e condurre nel contempo azioni di guerriglia e sabotaggio”

Si procederà all’occupazione degli obiettivi previsti dai comandi di settore per il caso A eliminando o neutralizzando le resistenze opposte dalle forze fasciste.

Siccome la situazione prevista per il caso C può verificarsi improvvisa, i comandi di settore, su ordine del comando piazza, faranno entrare immediatamente e con la massima energia in azione le rispettive formazioni del Corpo Volontari della Libertà.

Circa gli scopi, concetto e modalità d’azione, forze disponibili, loro ripartizione e loro impiego, posti comando, collegamenti, funzionamento dei servizi compreso quello di polizia, vale quanto detto nel presente piano per il caso A.

Unica variante: acceleramento dei tempi nello svolgimento della fase esecutiva.

In particolare, per quanto riguarda gli obiettivi di 1° e 2° piano si precisa quanto segue:

- procedere alla rapida occupazione di quegli obiettivi che non offrono resistenza alcuna o ne offrono poca, presidiandoli;

- per quelli invece che opponessero seria resistenza sarà sufficiente provvedere al loro blocco. Si procederà alla loro eliminazione, quando si potrà disporre di mezzi idonei allo scopo.

PARTE TERZA

NORME E DISPOSIZIONI PER L’ORGANIZZAZIONE ED ATTUAZIONE

DELL’INSURREZIONE

1 – MOBILITAZIONE ED ENTRATA IN AZIONE DELLE FORZE

Avrà luogo su ordine del comando piazza.

Compete ai comandi di settore assumere subito direzione e responsabilità del movimento di raccolta e radunata delle rispettive formazioni.

Nei limiti del possibile sarà conveniente che l’adunata si effettui a gruppi nelle località previste quali basi di partenza per l’entrata in azione.

2 – DISTRIBUZIONE ARMI

Vi provvederanno i comandi di settore non appena indetta la mobilitazione. Sarà provveduto nel corso dell’azione alla rapida utilizzazione delle armi tolte al nemico o, comunque, ricuperate.

3 – RICONOSCIMENTO DEL PERSONALE

Il comando piazza, a mezzo dei rappresentanti delle varie formazioni patriottiche, provvederà alla tempestiva assegnazione, ad ogni comando di settore, dei bracciali di riconoscimento per gli iscritti di ogni formazione.

Il personale di ogni comando settore avrà, dal comando piazza, lettere personali di investitura con gradi e cariche. Analogamente dovrà regolarsi ogni comando di settore per i quadri dipendenti.

Il personale del comando piazza, riceverà analoga investitura dal comando Generale.

La distribuzione di quanto sopra, dovrà effettuarsi non appena indetta la mobilitazione.

4 - IMPIEGO DELLE FORZE – ISOLAMENTO COMANDI E CASERME NAZIFASCISTE – ORGANIZZAZIONE CAPISALDI

  1. a) Ripartizione ed impiego delle forze:

Ogni comando di settore deve sin d’ora:

- sulla base dei compiti da svolgere provvedere alla ripartizione delle proprie forze in gruppi. Ogni gruppo potrà, di massima, essere costituito da un pattuglione di forza variabile (in generale dai 20 ai 100 u.) a seconda dell’entità dell’obiettivo da attaccare. Per ogni obiettivo destinare di massima un pattuglione, precisando le modalità di condotta dell’azione da svolgere. Affidare il comando dei pattuglioni a capi decisi ed energici;

- si dovranno assaltare ed occupare quegli obiettivi che offrono minore resistenza; bloccare e sorvegliare invece quelli decisi alla resistenza. Il crollo di questi ultimi, sarà determinato dall’intervento di mezzi più potenti di quelli di cui possiamo noi ora disporre;

- tenere alla mano il maggior numero di forze (riserve di settore) per intervenire a favore dei pattuglioni più duramente impegnati e per parare all’imprevisto.

  1. b) Isolamento comandi e caserme nazifasciste

Ogni comando di settore deve sin d’ora:

- riconoscere esattamente località e modalità di interruzione delle linee telegrafoniche che adducono a comandi e caserme nazifasciste;

- definire ed approntare il personale specializzato destinato a compiere le interruzioni, fornendolo dei materiali necessari;

- stabilire nei particolari la riunione dei nuclei specializzati a piè d’opera e l’opportuna protezione durante il lavoro con nuclei armati debitamente appostati;

- predisporre l’impiego degli stessi nuclei per l’eventuale riattivazione di tutte o parte delle linee giaà interrotte.

  1. c) Organizzazione capisaldi

Ogni caposaldo organizzato a difesa, deve rispondere ai seguenti principali requisiti:

- consentire un’efficace azione di fuoco contro forze nemiche che le attaccassero;

- consentire un facile collegamento con le forze partigiane esterne;

- consentire un facile afflusso e deflusso delle forze destinate a presidiarlo;

- disporre, possibilmente di forti quantitativi di materiali di rafforzamento di depositi viveri, armi, munizioni.

Per ogni caposaldo, ogni comando di settore deve:

- definire contorni e provvedimenti difensivi interni e periferici;

- stabilire l’entità delle forze e delle armi pesanti che le debbono presidiare;

- assicurare il collegamento con il proprio comando di settore e con gli eventuali capisaldi laterali;

- stabilire le modalità di ripiegamento su eventuali altri capisaldi o su posizioni retrostanti;

- indicare il carattere di contingenza o di resistenza ad oltranza del caposaldo.

5 – AZIONI DI SABOTAGGIO, DI GUERRIGLIA E DISTURBO

Ogni comando di settore deve:

- studiare le azioni da svolgere;

- definire le forze ed i mezzi occorrenti per ogni azione;

- prescegliere i comandanti, concordando con essi modalità e momento della azione;

- stabilire modalità per i collegamenti, per il vettovagliamento e per il servizio sanitario.

6 – CONCENTRAZIONE PRIGIONIERI

Ogni comando di settore deve:

- predisporre località per il concentramento dei nazifascisti e spie catturate;

- definire le modalità per la loro custodia.

7 – POSTI DI BLOCCO

La loro costituzione è compito dei comandi di settore dai quali direttamente dipendono. Hanno più specialmente lo scopo di inibire il movimento dall’interno della città all’esterno e viceversa; degli elementi avversari. Debbono essere collocati sulle principali rotabili, possibilmente all’altezza della cinta daziaria. La zona compresa tra i posti di blocco, deve essere sorvegliata con servizio di pattuglia.

Ogni comando di settore deve:

- stabilire numero forza ed armi di ogni posto di blocco;

- stabilire forza ed itinerari di ogni pattuglia incaricata della sorveglianza della zona compresa fra i posti di blocco;

- definire le consegne particolari per ogni posto di blocco;

- collegarsi, possibilmente a mezzo telefono, con i posti di blocco dipendenti, o quanto meno con staffette;

- tenere pronti reparti, possibilmente autocarrati, da inviare a sostegno di posti di blocco, eventualmente minacciati da forze soverchianti.”

(Nel testo seguono gli allegati dettagliati e minuziosi ben riassunti ed illustrati negli Approfondimenti dai giornalisti del Corriere della Sera nel 2017. )

(25 Aprile 1945 – Insurrezione a Milano)

(25 Aprile 1945 – Insurrezione a Milano)

(25 Aprile 1945 – Insurrezione a Milano)

Milano 25 Aprile 1945

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(continua)


Alpini bobbiesi radicati nella Grande Storia.

(..segue Gen. Bellocchio)

Approfondimenti

Scrive Romano Repetti nella sua relazione:

“Saputo che la sua presenza era stata segnalata alle autorità nazi-fasciste piacentine rientrò a Milano, tenuto conto che in una grande città era forse più facile vivere in clandestinità e non essere vittima di spie. A Milano si inserì così organicamente nel gruppo miltare di resistenza al nazifascismo guidato dai generali Bortolo Zambon e Giuseppe Robolotti, in rapporti di collaborazione con il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia che si era nel frattempo costitutito e operava clandestinamente. Quei due generali il 25 maggio del ’44 furono però arrestati dalle milizie di Mussolini, Robolotti fu deportato nel campo di concentramento di Fossoli in provincia di Modena e lì fucilato, mentre Zambon riuscirà invece più avanti a salvarsi evadendo dalla prigione di San Vittore con l’aiuto di complicità interne.

Bellocchio, generale di Divisione, venne così ad essere l’ufficiale più alto in grado del gruppo militare milanese e quando ai primi di giugno gli esponenti dei diversi partiti politici antifascisti che componevano il CLN Alta Italia, al fine di dare una direzione unitaria alle diverse formazioni partigiane che si erano andate sviluppando nel Nord e centro Italia, decisero di dare forma al Corpo Volontari della Libertà e di nominarne il Comando Generale chiesero a lui di entrare a farne parte come esperto militare: Bellocchio vi assunse il nome partigiano di Giuseppe Comaschi.

Tale comando era composto da lui e da un rappresentante per ognuno dei cinque partiti antifascisti, il Partito d’azione, il Partito comunista, la Democrazia Cristiana, il Partito socialista e il Partito liberale, ma al suo interno operava un vertice di tre membri:

il generale Bellocchio appunto,

l’azionista Ferruccio Parri, che nel giugno del 1945 diventerà il primo Capo del governo dell’Italia liberata,

e Luigi Longo, vice segretario allora del Partito comunista e capo delle Brigate Garibaldi.

Bellocchio era di sentimenti monarchici, si può dire che era entrato nella Resistenza per fedeltà al giuramento fatto al re Vittorio Emanuele III. In concreto, rispetto ai diversi partiti antifascisti che fino da allora in qualche misura erano in concorrenza fra di loro e che anche nel movimento partigiano cercavano di rafforzare le rispettive posizioni, Bellocchio costituiva una figura indipendente e gli fu riconosciuto che si comportava con imparzialità nei confronti delle diverse componenti partitiche.

Naturalmente le funzioni svolte da quel Comando Generale del CVL non erano uguali a quelle del Comando supremo di un esercito, quel comando non era in condizione di pianificare la gran parte delle azioni militari contro i nemici e di esercitare una indiscutibile autorità di comando sulle diverse formazioni partigiane diffuse nel territorio italiano. In realtà ogni formazione partigiana decideva autonomamente le proprie azioni in relazioni alle condizioni locali, andando all’attacco delle forze e posizioni nazifasciste se intravvedeva possibilità di successo, o rispondendo agli attacchi di queste.

Inoltre il movimento partigiano rimaneva suddiviso in Brigate Garibaldi, sulle quali esercitava influenza il Partito comunista, in Brigate Giustizia e Libertà che facevano riferimento ad esponenti del Partito d’azione, nonché in altri raggruppamenti, quali Le Fiamme Verdi e le brigate Matteotti. Il Comando Generale del CVL provvide però a suddividere il territorio italiano a presenza partigiana in Zone corrispondenti in larga misura alla provincie:la provincia di Piacenza, meno l’alta Val Trebbia e l’annessa Val d’Aveto, divenne ad esempio la XIII Zona partigiana.

Provvide poi a nominare, d’intesa con i CLN provinciali, i Comandanti di Zona:

(Emilio Canzi)

Emilio Canzi ad esempio divenne comandate in capo della nostra XIII zona su nomina del Comando Generale del CVL. Tale comando gestiva poi un servizio informativo riguardante sia la consistenza e le azioni delle formazioni partigiane che la consistenza e presenza delle forze fasciste e tedesche, e provvedeva ad informare le formazioni partigiane dei movimenti e programmi di rastrellamento dei nazi-fascisti. Unitamente al CLN il Comando militare teneva i rapporti con le forze alleate anglo-americane e ne sollecitava i lanci aerei, di armi, munizioni ed altre forniture. Inoltre il Comando Generale del CVL forniva naturalmente orientamenti ed indicazioni alle formazioni partigiane sui comportamenti da tenere e in determinati momenti, quali i grandi rastrellamenti nazi-fascisti, cerava di coordinare le azioni di più Zone partigiane.

Il Comando, ricorda Bellocchio nella relazione che ho citata, teneva ogni settimana una riunione plenaria ed il suo vertice a tre oltre ad un’altra riunione o due. Per non farsi scoprire erano costretti periodicamente a cambiare sede di riunione e anche Bellocchio personalmente nella sua permanenza a Milano dal marzo ’44 all’aprile ’45 cambiò ben otto diverse case di abitazione, per un mese trovò rifugio presso l’Ospedale Niguarda.

Per fortuna esiteva anche a Milano una diffusa di solidarietà antifascista. Teniamo presente che se non si fosse unito alla Resistenza, Bellocchio, data la sua età, evrebbe potuto rirtirarsi a vivere senza rischi nella sua casa di Bobbio.

Durante quell’estate del ’44 crebbe la diffusione e la consistenza del movimento partigiano ed il suo contributo alla lotta non solo contro il regime fascista di Salò ma anche contro le forze militari tedesche di occupazione. Se ne accorsero anche i comandi dell’esercito anglo-americano e ne prese atto il legittimo governo italiano che, dopo la liberazione di Roma nel giugno del ’44, tornò ad insediarsi nella capitale d’Italia con la presidenza di Ivanoe Bonomi, mentre il re Vittorio Emanule III aveva ceduto la luogotenenza al figlio Umberto.

Alleati e governo italiano si dichiarano allora disponibili ad aiutare maggiormente il movimento partigiano, il primo con armi e munizioni, il secondo con una dotazioni di mezzi finanziari, a condizione di avere un uomo di loro fiducia al vertice del Comando generale del CVL. Per tale vertice designarono il generale Raffaele Cadorna, che proveniva dalla famosa dinastia militare dei Cadorna e che a capo della Divisione corazzata Ariete il 9 settembre ’43 aveva cercato di difendere Roma dall’occupazione tedesca.

(gen. Raffaele Cadorna)

Il CLN AI (Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia) dopo varie discussioni accettò, il Cadorna venne paracadutato in Val Camonica ed il 6 settembre del ’44 s’insediò a capo del Comando Militare del CVL(Corpo Volontari della Libertà), sostituendovi il generale Bellocchio. Che non gradì l’operazione ma rimase a disposizione del movimento partigiano e accettò l’incarico di Capo del Comando Piazza di Milano.

Il Comando Piazza, in quella che era la capitale della Resistenza, aveva la responsabilità di dirigere o comunque coordinare le formazioni e le azioni dei partigiani a Milano e nella provincia e di predisporre il piano per l’insurrezione e la liberazione della città. Anche questo Comando, con al vertice Bellocchio, era composto da esponenti designanti da ognuno dei partiti politici antifascisti, esponenti che variarono nel tempo e ai quali facevano capo le diverse funzioni, quali vice-comandante, capo ufficio operazioni, capo servizio informazioni, nonché la funzione di commissario politico che fu sempre rivestita da esponenti comunisti.

Il Comando durante la sua vita, cioè fino alla fine dell’aprile ’45, potè successivamente avvalersi, in particolare per la predisposizione del Piano insurrezionale, anche del contributo di diversi ex ufficiali dell’esercito: Bellocchio nella sua relazione ne elenca nominativamente diciotto, fra cui diversi colonnelli. Gli aderenti attivi alla Resistenza nel settembre ’44 a Milano furono calcolati in 7.700 e in 3.700 quelli nel restante territorio della provincia, che comprendeva la Brianza, Monza e il lodigiano fino al confine con la provincia di Piacenza. Vennero calcolati complessivamente in quasi 30.000 nell’aprile del ’45, probabilmente esagerando, tenuto conto che molti partigiani dell’area milanese avevano raggiunto ed erano inseriti nelle formazione partigiane della montagna, compreso quelle piacentine.

Naturalmente le azioni partigiane a Milano e nel circondario erano diverse da quelle praticate in territori appenninici come quello nostro, anche se non meno rischiose. Consistevano in sabotaggi, nella sottrazione di armi ai nemici, in attentati ed altri atti dimostrativi per intimorirli e renderli insicuri, realizzati in genere nelle ore notturne.

Gli aderenti alla Resistenza a Milano erano organizzati in parte nei GAP , (Gruppi di Azione Patriottica) costituiti ognuno da pochissimi membri che compivano le azioni più pericolose e vivevano in clandestinità, nelle cosiddette Brigate mobili e nelle SAP (Squadre di Azione Patriottica), queste a larga composizione, in maggioranza di operai che di giorno andavano regolarmente al lavoro nella propria fabbrica.

La funzione del Comando Piazza si realizzò in particolare nel suddividere l’organizzazione partigiana a Milano in nove Settori con i relativi comandi e con specifici compiti, nel dare loro direttive di azione, nel creare un sistema informativo e una rete di collegamento, nel tenere i rapporti con corpi ancora inseriti nell’organizzazione del regime di Salò ma disponibili a collaborare con la Resistenza in particolare al momento dell’insurrezione, vale a dire il Corpo della Guardia di Finanza, dei Vigili urbani e dei Vigili del Fuoco.

Il Comanda Piazza provvide anche a ripartire e a far avere ai diversi raggruppamenti partigiani le risorse finanziarie che dal dicembre del ’44 furono fornite dal Governo di Roma al movimento tramite il CLN AI che le suddivideva fra i Comandi di Zona e i Comandi di Piazza, risorse che servivano, oltre che all’acquisto di armi, alla sopravvivenza dei partigiani che vivevano alla macchia, riducendo la necessità di ricorrere a requisizioni fra la popolazione civile. Compito, come ho detto, del Comando Piazza fu inoltre quello di predisporre il Piano insurrezionale della città di Milano, di cui, per merito di Bellocchio e di Londei, si dispone tutt’ora di una copia originale depositata al Museo del Risorgimento di Milano.

La stesura ultima del piano consiste in 45 pagine dattiloscritte più una grande pianta di Milano con segnati i vari punti d’interesse.

(25 Aprile 1945 – Milano)

(25 Aprile – Milano)

(27 Aprile 1945 – Arresto di una spia)

(continua)


 

Alpini bobbiesi radicati nella Grande Storia.

(..segue Gen. Bellocchio)

Il piano si proponeva di organizzare, dislocare ed utilizzare le forze partigiane in funzione dei seguenti obiettivi:

a - ostacolare il ripiegamento dalla città di Milano delle truppe nemiche, apportando loro più perdite possibili;

b - distruggere o almeno immobilizzare le forze nemiche che sarebbero rimaste nella città;

c - occupare le strutture militari della città e quelle amministrative per poterle subito utilizzare ai fini dei patrioti e della popolazione;

d - garantire l’ordine e la sicurezza in città, provvedendo alla eliminazione o al fermo degli elementi nazi-fascisti;

e - occupare e proteggere gli stabilimenti industriali, i grossi complessi commerciali, nonché proteggere le opere essenziali per il funzionamento dei servizi pubblici.

Coloro che hanno poi scritto la storia della Liberazione di Milano si sono chiesti se tale liberazione sia avvenuta secondo quanto indicato dal Piano insurrezionale o se invece questo abbia avuto una funzione assai limitata. Chi parla bene del Piano è Luigi Longo in ben nove pagine del suo libro “Un popolo alla macchia”. Altri hanno scritto che aveva una impostazione troppo tradizionale e militare, dando dettagliate indicazione operative mentre le insurrezioni popolari si sviluppano con una propria dinamica, non pianificabile.
Il prof. Nuvolone sul numero di Archivium del 2005/2006 ha preso in considerazione e messo a confronto le diverse valutazioni e ne ha concluso che il Piano ha rappresentato in ogni caso un valido supporto informativo per le forze impegnate nelle liberazione della città, ne ha assicurato una utile dislocazione di partenza e ha promosso il concorso di quelle altre forze militari disponibili alla collaborazione con i partigiani, concorso che è stato fondamentale per assicurare rapidamente l’ordine e la sicurezza e la ripresa dei servizi pubblici.

Quanto alla personalità di Bellocchio ed al suo ruolo nel Comando Piazza, ci è stata trasmessa soprattutto la memoria di una sua difficoltà a destreggiarsi fra le posizioni politiche degli uomini che lo affiancavano nel Comando di Zona e dei suoi contrasti con il generale Cadorna che era diventato il suo diretto superiore. Raffaele Cadorna nelle sue memorie ha scritto:

“Anche nella Piazza di Milano era difficile conoscere la consistenza, la dislocazione e l’armamento delle forze clandestine. Convocammo più di una volta il generale Bellocchio ed il suo commissario politico per i chiarimenti del caso. Il bravo generale dava in escandescenze, incolpava l’anarchia dei partiti e le continue catture dei capi partigiani con conseguenti continue sostituzioni” .

Ma chi ha lascito una testimonianza più ampia su Bellocchio è Amerigo Clocchiatti che gli fu a fianco per alcuni mesi come commissario politico.

Nel suo libro di memorie ha scritto:

“Il Comando era diretto dal generale Bellocchio, piacentino di Bobbio, un uomo gigantesco, sanguigno, già avanti negli anni. Quante camminate con lui per Milano, quante conversazioni! Bellocchio si sfogava con me contro il generale Cadorna che lo aveva sostituito - diceva - senza meriti speciali, nel Comando Generale del CVL. Gli dovevo raccomandare continuamente di parlare più piano se non volevamo farci beccare, tanto si infiammava. Le due volte che Bellocchio ed io fummo chiamati a rapporto dal Comando generale del CVL, quelle riunioni si trasformarono in una diatriba furiosa fra i due generali. ll posto del generale Bellocchio - continua Clocchiatti - era ambitissimo e tutti facevano pressione su di me, tutti ne avevano uno migliore da mettere. Ma io lo difesi costantemente. Lui era monarchico ma si teneva al disopra di tutti i partiti.”

A Milano in particolare c’erano gli uomini del Partito d’Azione e del Partito socialista che rivendicavano un maggior peso negli organismi del movimento partigiano, mentre un comandante come Bellocchio che non s’intrometteva nei rapporti fra i partiti piaceva ai comunisti.

Un altro giudizio significativo su di lui è infatti quello espresso dal predecessore di Clocchiatti nell’incarico di commissario politico a fianco del generale, Italo Busetto, in una relazione in data 30 novembre ’44 di carattere riservato inviata a Longo quale capo delle Brigate Garibaldi e pubblicata in un volume di documenti relativi a quelle brigate. Scriveva Busetto:

“Il generale comandante la piazza è figura di ufficiale onesto, corretto, semplice, non troppo uso alle schermaglie dell’attività politica. Non riesce ad assimilare le norme cospirative. (Ad es.) è in rapporto con il vicequestore Mancini della polizia fascista, essendosi lasciato aggirare dalle dichiarazioni di antifascismo di costui. Lo abbiamo messo in guardia”.

Posso aggiungere che erano diverse a Milano i funzionari pubblici che tenevano in quei mesi il piede in due scarpe e peraltro va dato atto che quel vicequestore non ha tradito il generale Bellocchio.

Giungiamo cosi ai giorni della Liberazione quando il generale bobbiese incappò nelle vicenda che lo amareggiò molto ed influì sulle sue scelte successive in rapporto al movimento partigiano e alla stesso ambiente militare. Il Comando Piazza negli ultimi tempi teneva le sue riunioni via via in luoghi diversi. A conclusione di una riunione si fissava la data ed il luogo di quella successiva. Un’ultima riunione si tenne il 24 aprile all’aperto in Piazzale Susa, quando il CLN AI non aveva ancora diramato l’ordine d’insurrezione. Secondo quanto ha scritto Bellocchio a quella riunione non potè essere presente perchè colpito da un febbrone; non conosceva pertanto il luogo del successivo incontro del Comando fissato per il giorno dopo in un edificio di via Carlo Poma. Il giorno dopo, 25 aprile, avvenne la mobilitazione generale contro le forze nazifasciste e anche una serie di collegamenti fra reperti e comandi saltarono.

Quando il generale Cadorna raggiunse il Comando di Piazza nel previsto recapito di via Poma non vi trovò Bellocchio e gli si dissero che era irreperibile. Cadorna seduta stante colse l’occasione per rimuoverlo dall’incarico e sostituirlo. Nel Comando era previsto che in caso d’impedimento subentrasse nelle funzioni il vice-comandante vicario. Cadorna nominò invece al posto di Bellocchio il generale Emilio Faldella.

Qualche giorno dopo, a Liberazione avvenuta, si venne a sapere che il Faldella era sì rimasto in disparte dal regime di Salò, rifugiandosi però in Svizzera da cui era tornato a Milano soltanto appena prima della Liberazione. Inoltre aveva partecipato come “volontario” alla guerra civile spagnola a fianco dei franchisti e su quella guerra aveva poi scritto un libro elogiandone la partecipazione dell’Italia fascista. Fu il socialista Sandro Pertini in particolare ad elevare grandi proteste contro la sua nomina alla direzione del Comando Piazza e a chiederne la rimozione.

Si era nei primi giorni di maggio. Il quattro Cadorna aveva ricevuto da Roma la comunicazione che era stato nominato dal Governo Bonomi Capo di S. M. dell’esercito italiano che si andava ricostituendo in tutto il territorio nazionale. Nelle sue memorie riconosce che al Comando Piazza di Milano in quei giorni si profilava una spiacevole situazione in conseguenza della nomina del generale Faldella, ma per rimediarvi decise non di riportare il generale Bellocchio al suo posto ma invece di sciogliere il Comando Piazza. Questo scioglimento sarebbe comunque avvenuto più avanti, ma Cadorna ne anticipò i tempi. Credo che la decisione dello scioglimento sia stata presa o comunque comunicata in una riunione descritta da Agostino Covati, riunione dopo la quale Bellocchio infuriato lasciò subito Milano e tornò a Bobbio in compagnia di Covati stesso e di Italo Londei.

Cadorna invece andò a Roma a ricoprire la carica di capo del nuovo esercito italiano. Nel 1948 diventerà senatore nelle liste della Democrazia Cristiana e sarà rieletto nelle elezioni del ’53.”

(Gen. Bellocchio)

(Gen. Raffaele Cadorna)

(Corso Buenos Aires – 1945)

(Milano – Isurrezione e presa della città)

(continua)


 

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(..segue Gen. Bellocchio)

..dal Corriere della Sera del 14 febbraio 2017

“Resistenza a Milano, così i partigiani prepararono l'insurrezione del '45

Una busta mai aperta nell'Ufficio storico dei carabinieri. Dentro il dossier datato febbraio 1945 che svela la mappa dell'insurrezione partigiana per liberare Milano: covi, mense, contraerea e centri militari nazifascisti

di Andrea Galli

(Partigiani in piazza Castello dopo la Liberazione)

Il Corriere ha letto il dossier, conservato in una grande, pesante busta ingiallita nell'Ufficio storico dei carabinieri, aperta adesso per la prima volta oltre settant'anni dopo e all'epoca consegnata ai propri vertici dagli ufficiali dell'Arma che, insieme agli altri partigiani (le Brigate Garibaldi, Matteotti, Mazzini...), organizzarono la liberazione della città culminata nel 25 aprile del 1945. La preparazione avvenne mesi prima e come conferma la data di questo «Piano generale per l'insurrezione di Milano» (che rappresenta il corpo centrale del dossier disvelato), essa fu definita il 15 febbraio di quell'anno. Con la scansione dettagliata delle fasi e delle modalità ; e soprattutto con l'elenco minuzioso degli obiettivi nazifascisti da assaltare.

Le Brigate in campo contro i nazifascisti

La città fu suddivisa in 9 «settori» di operazioni. La densità dei punti d'attacco necessitava di adeguati «soldati» e arsenali. I primi erano così ripartiti per settore (anche se parziali in quanto conteggiati a febbraio):

Duomo 2.022 unità ,

Garibaldi 558,

Venezia 1.209, Vittoria 1.120,

Vigentino 1.045,

Ticinese 813,

Magenta 1.647,

Sempione 1.579

e Sesto San Giovanni 1.902.

Quanto agli arsenali, il punto di partenza era preoccupante: «L'armamento è carente, specie quello automatico pesante, per le forze interne. Per le forze partigiane della montagna, invece, si può considerare completo». L'afflusso di rinforzi, dunque, sarebbe stato essenziale a condizione di essere puntuale e di incontrare un'inerzia iniziale nella battaglia favorevole ai partigiani. C'erano anche pronti, entusiasticamente convinti ad andare fino in fondo, «venti vigili e cinquanta pompieri»; i carabinieri, che ebbero decisivi ruoli nell'assalto alle caserme occupate, furono cinquecento; ai poliziotti sarebbe spettata la gestione dell'ordine pubblico nella città nel caos. Ma in ogni modo, al di là dei numeri, della «dotazione» e della forza complessiva, sarebbero stati essenziali i tempi.

Anticipata da una fase pre-insurrezionale (con un'intensificazione graduale della guerriglia e del sabotaggio e con un'intensa propaganda per «fiaccare il morale del nemico e galvanizzare le nostre masse popolari»), la fase insurrezionale prevedeva di «lanciare, con la massima celerità possibile, forti pattuglioni alla conquista degli obiettivi eliminando i nazifascisti che li presidiano». Ogni settore avrebbe avuto «tribunali straordinari» per «giudicare i traditori fascisti e tutti coloro che, approfittando del periodo di emergenza, commettessero atti di delinquenza».

Gli obiettivi erano di due tipologie: prima e seconda fascia. Nella prima c'erano «Comandi tedeschi e fascisti, caserme, alberghi ed edifici organizzati a difesa, depositi militari, aeroporti, centrali di collegamento, abitazioni dei capi tedeschi e fascisti...». Nella seconda c'erano «uffici politici e amministrativi, stazioni ferroviarie, rimesse tranviarie, banche, sedi e tipografie di giornali, uffici postali...». La «mappa» contemplava ulteriori e variegate voci: una postazione della radio tedesca in via Rovani, il deposito di benzina di via Adige 14, il magazzino generale dei viveri in via Delfico, il circolo-bar dei tedeschi in via San Paolo 8, la contraerea in piazza Bossi, il Comando delle prigioni militari in via Pellico, la mensa tedesca di via Meravigli e quella (esclusivamente per gli ufficiali) di via Domenichino 48, il distaccamento delle Brigate nere all'Arena, il magazzino per il vestiario dei soldati allo scalo Farini. Erano numerosi i centralini telefonici, da via Belfiore 13 a Via Novara 228, e le basi della Guardia nazionale repubblica (uno era in piazza Napoli 22). Dopodichè c'erano i covi e non sempre erano noti: uno, conosciuto, si trovava in via Paolo da Cannobio ma per scoprire quelli segreti bisogna insistere, si raccomandava il Comando, con indagini e attingendo alle spie che facevano il doppio gioco, ovvero frequentare i tedeschi (succedeva in alcune caserme) per carpire informazioni utili alla Resistenza.

Naturalmente, vista oggi, la liberazione di Milano pare una cosa ovvia che sarebbe comunque avvenuta. Ma nell'inverno del 1944 gli Alleati avevano parecchio faticato tra Ravenna e Bologna e le sorti conclusive dello scontro non erano affatto scontate. Allo stesso modo il «Piano generale per l'insurrezione», essendo la sintesi di una strategia militare, nulla concedeva alla fiducia in colpi di fortuna; ci si affidava ai fatti e alle eventualità da affrontare. L'eventualità , ad esempio, che i nazisti in rotta si sarebbero ritirati lasciando però in città «formazioni di fascisti di una certa consistenza, con l'intenzione di costituire centri di resistenza in determinati capisaldi». I partigiani si sarebbero gettati all'offensiva però i nemici controllavano molti edifici e potevano benissimo imbastire, perfino in una certa «sicurezza», una tattica attendista e contemporaneamente sferrare agguati a sorpresa cogliendo alle spalle i partigiani.

Al proposito, «siccome la situazione può verificarsi improvvisa» i Comandi di settore «faranno entrare immediatamente e con enorme energia le rispettive formazioni del Corpo volontari della libertà» per combattimenti corpo a corpo, metro per metro. Eppure, nel «rigore» della preparazione, i partigiani non nascondevano un lieve ottimismo convinti che avrebbero vinto raggiungendo tutti gli scopi.

Questi: «Apportare ai nazisti il massimo possibile di perdite e di danni, provvedere alla tempestiva eliminazione degli elementi fascisti, garantire la sicurezza e l'ordine proteggendo il patrimonio industriale, i grossi complessi commerciali, le opere d'arte e i centri essenziali per il movimento e per il funzionamento dei servizi cittadini».

La Milano ferita andava riconquistata e subito messa nelle condizioni di tornare a vivere.

14 febbraio 2017 “

(Milano – 25 Aprile 1945)

(28 aprile 45 La folla in piazza Duomo ascolta il comizio tenuto da Ciro Moscatelli (con il cappello alpino) comandante dei partigiani della Valsesia)

(Comizio - Sandro Pertini)

(continua)


 

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(..segue Gen. Bellocchio)

Il ritorno a Bobbio

(Dalla relazione di Romano Repetti)

(Il gen. Bellocchio ad una adunata degli Alpini a Bobbio)

Bellocchio resterà fino alla morte, nel 1966, a vivere a Bobbio. Riceverà, come ufficiale della riserva, la nomina a Generale di Corpo d’Armata e quindi una buona pensione, ma gli rimarrà l’amarezza del torto subito. Anche Clocchiatti ricorda: “Dopo la guerra andai a trovarlo più volte a Bobbio: era amareggiato e sempre più protestatario contro tutti.” Chi lo aveva conosciuto durante gli anni di servizio nell’esercito italiano lo ricordava come un ufficiale molto comprensivo e disponibile nei confronti dei suoi soldati, dei suoi alpini, ma invece di rapporti difficili con gli altri comandanti.

Anche nel dopoguerra rimase di sentimenti monarchici e fu iscritto al Partito nazionale monarchico.

E nella campagna delle elezioni politiche del 1953, molto accesa dato che era stata approvata una legge elettorale maggioritaria, definita dagli oppositori, anche dai monarchici, “legge truffa”, perchè avrebbe assegnato il 65% dei parlamentari alla coalizione di partiti che raggiungesse anche solo il 50% più uno dei voti, Giuseppe Bellocchiò accettò di essere candidato nelle liste di quel partito monarchico, pur non avendo speranza di essere eletto.

Fra i suoi documenti si è conservato il testo del comizio con cui aprì la campagna elettorale a Bobbio e che poi utilizzò come base per i comizi in altri comuni. Un discorso in cui si difendeva dagli attacchi che da parte della DC e dal settimanale cattolico “Piacenza Nuovo” gli erano stati rivolti di provocare, con la sua candidatura, una dispersione di voti che sarebbe andata a vantaggio dei social-comunisti, in cui esponeva il programma del partito monarchico e criticava la legge maggioritaria che avrebbe distorto la rappresentanza dei cittadini a favore della DC e dei suoi alleati.

Viene riferito che Bellocchio rimase deluso dal risultato elettorale rispetto alla aspettative, in specifico nel comune di Bobbio. Naturalmente anche qui il voto si era orientato sui grandi partiti in competizione, dalla DC al Pci. Va detto tuttavia che negli anni cinquanta e primi anni sessanta proprio nel comune di Bobbio nelle elezioni politiche nazionali ed in quelle per l’Amministrazione provinciale il partito monarchico conseguiva una discreta percentuale di voti, segno che attorno a Bellocchio si era formata una cerchia di estimatori e di persone che sentivano un debito di riconoscenza nei suoi confronti.

Lui viveva con grande semplicità, facilmente si lasciava trascinare in forti discussione polemiche, partecipava ai raduni degli alpini ma disdegnava in genere i rapporti con gli “alti papaveri”. Non aveva aderito all’Anpi ma anche quando Enrico Mattei,

(Enrico Mattei)

che Bellocchio aveva conosciuto nel movimento partigiano a Milano, venne a Bobbio per promuovere un’associazione di ex partigiani alternativa all’Anpi, egli non solo non aderì a quella associazione ma tenne un atteggiamento distaccato anche nei confronti di Mattei.

Fra i documenti conservati nel suo fondo archivistico (le due cassette…) vi è anche una tessera d’iscrizione di Giuseppe Bellocchio alla Massoneria italiana, tessera del 1944. Si sa che negli alti gradi militari era diffusa questa adesione e rifiutarla poteva incidere negativamente nella carriera. Ricordo quella tessera perchè rende credibile una testimonianza che ho raccolto relativamente ad una ultima vicenda con cui il generale Bellocchio avrebbe avuto a che fare.

Un giorno, eravamo all’inizio degli anni sessanta (parlo naturalmente del secolo scorso), Bellocchio confidò ad un amico di essere appena tornato da Roma dove era stato invitato da qualcuno che lo conosceva e dove aveva avuto contatto con un certo ambiente di generali da cui ricevette la proposta di aderire anche lui a quella consorteria che aveva in programma di realizzare una specie di colpo di Stato per impedire che la politica italiana slittasse vero sinistra. “Io ho subito rifiutato - riferì Bellocchio all’amico - di quelle cose non ne voglio nemmeno sentir parlare”.

Orbene, i primi anni sessanta sono quelli della nascita delle prime maggioranze di centrosinistra, dell’ingresso del Psi nel governo. Si sa che nel 1962 per bloccare quel processo era stato predisposto il cosiddetto “Piano Solo” da parte di certi ambienti militari con al centro il generale De Lorenzo, capo del SIFAR, il servizio segreto informativo delle Forze Armate, e poi Comandante Generale dell’Arma dei carabinieri, iscritto ad un logga massonica composta in particolare da militari. Il Piano non fu attuato anche perchè, si disse - il PSI di Nenni moderò le sue richieste programmatiche. Venuta alla luce quella vicenda, De Lorenzo dovette abbandonare i suoi incarichi nelle Forze Armate ma fu eletto deputato nel 1968 per il partito monarchico e nel 1971 per il MSI.

Il generale Bellocchio era dunque si monarchico, si critico della vita politica italiana del dopoguerra, ma fedele ai valori di libertà e democrazia per le quali aveva rischiato la vita assieme ai partigiani che avevano idee politiche anche molto diverse dalle sue. E’ anche per l’adesione di una personalità come la sua, di un generale, di un moderato, di un monarchico, che la Resistenza e la lotta di Liberazione hanno avuto in Italia quel carattere di pluralismo unitario e di afflato morale per cui la stragrande maggioranza del Paese vi si è potuta riconoscere e il 25 aprile 1945 ha potuto aprire un capitolo nuovo nella storia del nostro Paese.

(Partigiani – Brigata Garibaldi Milano)

(Milano festeggia la Liberazione)

(Gli Sherman americani di fronte alla Prefettura in corso Monforte dove risiedeva Mussolini prima della fuga del 25 aprile)

Raccolta degli articoli dal n.8 al n. 14

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